Oltre alle eccezionali caratteristiche intrinseche ed alle ottime prestazioni (come capacità isolante, resistenza, traspirabilità, igroscopicità, leggerezza, ecc.), tra tutti gli aspetti che contribuiscono a fare del legno un materiale così apprezzato, ce ne sono due che, più degli altri, gli attribuiscono un particolare valore aggiunto: si tratta della versatilità e della riciclabilità. Qualità che lo rendono adatto ad allestimenti ed edifici temporanei.

Dal punto di vista etimologico, per versatile si intende “qualcosa che sa volgersi a opere e attività diverse” (fonte Dizionario Treccani): l’attribuzione al legno di questa definizione restituisce il concetto di un materiale che ben si presta a molteplici usi ed impieghi nei più svariati settori. Non solo case in legno quindi, ma anche edifici più articolati per forma, volumetria e destinazione d’uso, singole componenti edilizie come coperture o tamponamenti da utilizzare per ampliamenti o interventi di restauro, finiture per interni ed esterni, oggetti di arredo e design.

La riciclabilità rimanda invece al tema nobile ed oggi imprescindibile della sostenibilità: il legno è infatti un materiale naturale, rinnovabile e che lascia, appunto, ampie possibilità di essere riutilizzato. Una volta terminato il proprio ciclo di vita, esso può infatti essere sottoposto ad adeguati trattamenti di ripristino e manutenzione che ne prolungano la durata. Oppure, quando vengono meno la ragione d’essere o l’utilità di un manufatto in legno, il materiale può essere recuperato, trasformato e destinato, in fasi successive, ad impieghi alternativi, spesso totalmente differenti da quelli originari.

In ambito architettonico questa combinazione di versatilità e riciclabilità, unita alle già note caratteristiche e prestazioni del legno, costituisce una grandissima ricchezza ed apre la strada all’impiego di questo materiale per la realizzazione di progetti originali ed innovativi.

Uno degli ambiti in cui tutto ciò trova le maggiori possibilità di espressione è quello degli allestimenti e delle architetture temporanee: si tratta infatti di progetti e realizzazioni “a tempo determinato”, il cui ruolo ha, per definizione, un termine di inizio ed uno di fine.

Presuppongono pertanto tempi esecutivi di montaggio e smontaggio rapidi, procedure semplificate e, possibilmente, il contenimento dei costi. E l’impiego del legno risponde ottimamente a queste condizioni: è leggero, resistente, flessibile, stabile e consente la prefabbricazione di elementi e componenti. Ma soprattutto, come già evidenziato, si tratta di un materiale che offre grandissime possibilità dal punto di vista della versatilità e della riciclabilità, aspetti che quindi si traducono, sul piano pratico, in un’ampia varietà di usi ed impieghi, nell’opportunità di riutilizzare, in fasi successive, la stessa materia prima oppure di recuperare quella che deriva dagli scarti di altre trasformazioni.

Gli esempi classificabili secondo questa categoria architettonica sono numerosissimi ed i più noti sono spesso i padiglioni e gli allestimenti realizzati nell’ambito di eventi espositivi.

UNStudio, Burnham Pavilion, Chicago, 2009. Realizzato in occasione delle celebrazioni per il centenario del piano urbanistico di Chicago di Daniel Burnham, il padiglione era costituito da due grandi piani orizzontali deformati in tre punti secondo curvature parametriche. Aveva una struttura in profili di acciaio racchiusi all’interno di una pelle in fogli di legno multistrato, verniciati con pittura bianca riflettente. Al termine dell’esposizione, il padiglione è stato smontato ed i materiali riciclati.

Milano Expo 2015, padiglioni e Albero della Vita. Il legno è stato grandissimo protagonista dell’esposizione italiana, i cui principi fondamentali erano rappresentati proprio dalle tematiche della sostenibilità, della riciclabilità e del riuso.

Lo stesso Albero della Vita, fulcro e simbolo della manifestazione, è stato realizzato in acciaio e legno: quest’ultimo, fornito e lavorato da Albertani Coporates s.p.a., aveva funzione sia decorativa che strutturale. L’Albero era composto in tutto da 1392 piccoli elementi in legno di larice siberiano, lavorati con una doppia curvatura che conferiva movimento e dinamismo alla struttura.

Expo Milano 2015 ha visto inoltre la presenza di numerosissimi padiglioni in legno, da quello celebratissimo del Giappone a quelli che hanno richiesto l’impegno anche di Albertani Corporates s.p.a., come quello del Cile e dell’Irlanda del Nord. Al termine della manifestazione, il legno impiegato per quest’ultimo è stato recuperato e destinato alla realizzazione del Padiglione Italia alla XV Biennale di Architettura di Venezia 2016.

Xavier Veilhan, Studio Venezia, padiglione della Francia alla Biennale d’Arte 2017. Rimanendo nell’ambito della Biennale, anche il padiglione francese attualmente allestito ha il legno come grande protagonista. Concepito come fusione di arte visiva e musica è stato realizzato come un grande involucro in legno e tessuto al cui interno prendono vita composizioni musicali.

Nex Architecture, Times Eureka Pavilion, Chelsea Flower Show, Regno Unito, 2012. Ideato in collaborazione con l’architetto paesaggista Marcus Barnett, esplora il significato delle piante per la scienza e la società. È realizzato in legno (proveniente da fonti sostenibili) e polipropilene traslucido e riproduce un algoritmo geometrico che riproduce la struttura cellulare degli elementi biologici.

Ponte di accesso al Triennale Design Museum, Milano, 20017. Il progetto, disegnato da Michele De Lucchi e realizzato da Albertani Corporates s.p.a., collega il grande atrio centrale al primo piano con l’entrata del museo e costituisce un oggetto unico nel suo genere: si tratta infatti di una trave unica in lamellare di bambù composta da listello tenuti insieme da una speciale colla appositamente prodotta.

All’interno del museo è attualmente in calendario la mostra “Giro giro tondo – Design for the children”, dedicata al mondo dell’infanzia e dei bambini ed all’architettura ed al design che li raccontano.

L’esperienza decennale di Albertani Corporates S.p.A. nell’ambito delle costruzioni in legno l’ha resa, nel tempo, tra le aziende leader in questo settore, in Italia e non solo. Questo grazie alla qualità, all’affidabilità ed alla sicurezza di ciò che produce e delle tecnologie che ha sviluppato e che continua, costantemente, a migliorare ed affinare.

Albertani Corporates non è sinonimo soltanto di casa in legno ma, al contrario, sono numerosissime e prestigiose le sue partecipazioni alla progettazione ed alla realizzazione di strutture dalle destinazioni più svariate: padiglioni, allestimenti, chiese, cantine, edifici per uffici.

Tra gli edifici in corso di costruzione a cui Albertani Corporates sta attualmente dando il proprio, sostanzioso, contributo, c’è quello destinato ad ospitare la nuova sede Cotonella, di cui abbiamo già descritto le vicende ed il progetto in questo post di qualche settimana fa.

In questo intervento l’azienda si è occupata a 360° di tutti gli aspetti relativi alla struttura, impegnandosi sia nella progettazione che nella realizzazione (all’interno degli stabilimenti dell’azienda) di ogni singolo elemento.

La costruzione della nuova sede Cotonella, totalmente in legno, sta procedendo a grandissima velocità: è proprio di questi giorni la notizia che il cantiere ha raggiunto il traguardo intermedio di metà edificio. Le successive operazioni riguardano la posa del soppalco, appeso, attraverso un sistema di supporto progettato e realizzato ad hoc, agli undici portali sagomati curvi che definiscono il volume.

L’edificio, quindi, cresce rapidamente e molto presto potrà tornare ad ospitare la sede e le attività dell’azienda.

Ma come si è riusciti, in così breve tempo, ad arrivare a questo punto?

Quali fattori hanno fatto sì che a partire dallo scorso 30 novembre (la data dell’incendio) e quindi in meno di dieci mesi, sia già stata portata a termine la costruzione di metà dell’edificio?

La risposta è presto data: il segreto consiste nella scelta di utilizzare il legno e di affidarsi alle soluzioni prefabbricate prodotte da Albertani Corporates.

La copertura e le pareti perimetrali dell’edificio sono infatti state ottenute attraverso l’impiego del sistema Lignum K®, lo speciale pannello nato da un’idea di Albertani Corporates ed unico nel suo genere, in grado di garantire ottime prestazioni dal punto di vista sia strutturale che dell’isolamento, e di consentire l’eliminazione delle partizioni secondarie.

Ecologico ed estremamente versatile nelle applicazioni, Lignum K® è un sistema di tipo prefabbricato e che, quindi, consente di poter usufruire anche dei vantaggi che questo comporta.

La prefabbricazione rende infatti necessaria la progettazione a priori, accurata e dettagliata di tutte le strutture, di tutti gli elementi e di tutti i nodi dell’edificio e fa sì che possa essere eliminato quasi del tutto il rischio di errori o lavorazioni non eseguite a regola d’arte in cantiere. Consente la previsione precisa e veritiera del comportamento dell’edificio quando, una volta finito, verrà sottoposto a sollecitazioni di vario genere e natura: sismi, rumori, differenze termiche, fuoco, ecc.

Ma, soprattutto, la prefabbricazione consente di ridurre al minimo il numero e la durata delle operazioni da eseguire direttamente in cantiere, permettendo di accorciare sensibilmente i tempi necessari alla costruzione e, di conseguenza, di risparmiare sui costi.

E la vicenda Cotonella lo dimostra, con la nuova sede andata completamente distrutta a causa dell’incendio del 30 novembre scorso ed oggi in buona parte ricostruita. In meno di dieci mesi l’edificio e l’area sono stati bonificati e sgomberati di quanto lasciato dal fuoco, è stato elaborato il nuovo progetto, sono stati ottenuti i permessi e le autorizzazioni necessari e si è dato avvio ai lavori di ricostruzione.

Questi, una volta iniziati, sono progrediti in maniera davvero rapida e si concluderanno entro breve, consentendo così all’azienda Cotonella ed ai suoi dipendenti di tornare al più presto pienamente operativi.

Alle porte di Parma, in un’area urbana strategica dal punto di vista della vicinanza al centro e dei collegamenti con le principali infrastrutture di comunicazione, è in corso di completamento la realizzazione del nuovo centro direzionale della città emiliana. Commissionato dal gruppo immobiliare Alpe s.r.l., il complesso si chiama Atrium ed ha coinvolto numerose stimate aziende operanti nel settore edile e del design, tra cui Albertani Corporates s.p.a. Benchè i lavori siano ancora in corso, le strutture risultano comunque già pienamente operative.

Il progetto, opera di Federico Pella – Studio J+S s.r.l. (vedi anche Architettura, legno e sostenibilità per la nuova sede Cotonella), guarda al futuro attraverso la scelta di soluzioni e tecnologie innovative e sostenibili, dando vita ad un quartiere 100% green sia dal punto di vista della gestione e dall’ottimizzazione degli spazi, sia per quanto riguarda i materiali ed i sistemi impiantistici adottati.

Il progetto

Il complesso insiste su un’ampia area dismessa di circa 14.000 mq di superficie in cui i nuovi edifici sono stati distribuiti secondo un masterplan che risponde ai requisiti chiave della permeabilità e dell’accessibilità: il quartiere è infatti attraversato da percorsi ciclopedonali che collegano e definiscono piazze, giardini e spazi pubblici, mentre alle automobili sono riservate speciali aree per la sosta ed il parcheggio, opportunamente schermate e nascoste da cortine verdi.

I nuovi edifici, in tutto sei, sono stati progettati secondo schemi tipologici modulari in grado di adattarsi (anche nel tempo) alle diverse e variabili esigenze degli utenti. Presentano uno o due piani fuori terra, con altezza variabile a seconda delle funzioni che sono destinati ad ospitare, e distribuzione interna simile: sono tutti caratterizzati dalla presenza di un patio, che risulta essere l’elemento che contraddistingue l’intero complesso, offrendo continuità visiva tra interno ed esterno.

La tematica della continuità risulta di particolare rilievo anche per quanto riguarda il sistema del verde, progettato in maniera tale da consentire l’adattamento alle diverse condizioni climatiche stagionali: le piante e le essenze sono state infatti studiate e selezionate allo scopo di garantire il dinamismo cromatico in funzione del periodo e di stimolare il rapporto tra natura ed ambiente di lavoro attraverso il coinvolgimento sensoriale.

Tra gli aspetti di maggiore peso del progetto vi sono inoltre tutti quelli relativi all’efficienza energetica ed alla sostenibilità ambientale, obiettivi perseguiti attraverso la scelta di sistemi impiantistici all’avanguardia in grado di preservare ed ottimizzare le risorse disponibili, di recuperare energia e di monitorare costantemente il livello dei consumi.

L’impiego del legno ed il ruolo di Albertani Corporates s.p.a.

Ma l’aspetto che, più di ogni altro, definisce il carattere e l’identità degli edifici che compongono il progetto Atrium è l’impiego del legno: i nuovi edifici sono infatti realizzati interamente in legno strutturale X-Lam, utilizzando gli elementi prefabbricati prodotti da Albertani Corporates s.p.a.. Questo ha consentito innanzitutto di ridurre ed ottimizzare i tempi di costruzione e, nello stesso tempo, ha assicurato il miglioramento della qualità sia dell’involucro edilizio che del risultato architettonico stesso.

L’impiego del legno porta infatti con sé la possibilità di dare corpo a costruzioni leggere, a basso rischio sismico, e che, di conseguenza necessitano di sistemi di fondazione più semplici, con notevole risparmio di tempo e denaro. La prefabbricazione in legno garantisce inoltre l’enorme vantaggio di poter utilizzare elementi facili da trasportare e da porre in opera e che garantiscono, nello stesso tempo, anche tutti i benefici dovuti alle caratteristiche intrinseche del materiale stesso: naturalità, isolamento, traspirabilità, riciclabilità, resistenza al fuoco, igroscopicità, rispetto dell’ambiente, sostenibilità.

Per la costruzione degli edifici del progetto Atrium, Albertani Corporates s.p.a. ha impiegato strutture in legno lamellare con pannelli multistrato del tipo X-Lam sia per realizzare le strutture portanti, sia per gli elementi di tamponamento (pareti, solai e coperture). Sulle pareti esterne, allo scopo di garantire l’isolamento termico, sono stati predisposti sistemi a cappotto e facciate ventilate.

Elena Ottavi

Si parla sempre di come ridurre gli sprechi nella progettazione degli spazi, negli spostamenti, nei consumi domestici ma, soprattutto se rientrati dalle vacanze, non si può tralasciare il luogo in cui passiamo più ore durante il giorno: l’ufficio.

L’ufficio – o home office che sia – oggi non è solo un luogo o una zona dove tenere il cervello impegnato: è un luogo dove si vive gran parte della giornata, e per questo oltre che funzionale deve essere confortevole e accogliente.

Il mondo del lavoro si è trasformato a tal punto che, oggi, si può lavorare anche da casa: ecco che la necessità di adibire un angolo domestico (o una stanza intera) è sempre più diffusa.

E la qualità ed il comfort della zona ufficio passa anche per il materiale utilizzato: nulla è più indicato del legno naturale per trasmettere quiete e serenità, ma anche stimolare concentrazione e creatività, nonché lavorare in un ambiente salubre e comodo.

Quando si parla di ufficio o luogo di lavoro la prima immagine che viene in mente è composta dagli elementi di arredo – in legno o meno – che ne consentono la praticità: scrivanie dotate di cassetti, sedie, scaffalature, mensole, box multifunzionali e sistemi che permettono di gestire i cavi senza grovigli e fare ordine, archiviare i documenti.

Quando si parla, invece, di prefabbricati in legno si pensa subito alle strutture funzionali dalla forma semplice, spesso adibite ad uso temporaneo e poco legate alle scelte di stile e del design.

Eppure, le ultime tendenze nel campo della progettazione architettonica dimostrano come sia possibile realizzare un mix tra la leggerezza e la flessibilità di una struttura in legno e l’estetica dell’ufficio.

Non solo. Il legno è entrato da tempo negli spazi di lavoro, come nella struttura portante, di grandi edifici direzionali e commerciali. Basti pensare ad una delle recenti realizzazioni di Albertani Corporates a Parma. In questi casi la scelta di un materiale ad alto risparmio energetico, come il legno, ben si sposa all’uso di risorse rinnovabili per la produzione di energia e la riduzione dei consumi.

Oltre ad essere sempre più scelto nel campo dell’edilizia per la sua versatilità e rapidità di installazione, il prefabbricato in legno lascia spazio alla creatività di architetti e progettisti, offrendo la possibilità di realizzare strutture sia modulari che articolate, assolutamente sostenibili, confortevoli e durevoli nel tempo.

Ne è un chiaro esempio il progetto londinese Shoffice dello studio Platform 5 Architects con Morph Structures. Un ufficio interamente ricavato all’interno di un guscio ellittico estruso, rivestito in quercia bianca che si apre a formare una piccola terrazza sul prato.

L’interno, sempre rivestito in quercia, è dotato di una scrivania a mensola e di un magazzino. La struttura è illuminata naturalmente grazie a due lucernari – uno vetrato sopra la scrivania e il secondo a cielo aperto fuori dell’ufficio per convogliare la luce nello spazio di lavoro.

I vantaggi di realizzare un eco-ufficio in legno includono la scelta di un rivestimento che consente anche un perfetto isolamento termico.

Se a questo si aggiunge l’integrazione dei pannelli solari si ottiene un modo efficace per produrre energia pulita da fonti rinnovabili e in maniera autonoma.

L’ufficio prefabbricato in legno rappresenta anche un buon compromesso per chi vuole concentrarsi lontano da ciò che succede in casa o in città.

Per queste ragioni un “ufficio ecologico” non è altro che un modulo compatto studiato come spazio di lavoro per una persona.

Si tratta di una soluzione pratica, economica e di design per coloro che necessitano di uno spazio indipendente, comodo e attrezzato per lavorare a casa. Integrato con postazione di lavoro e scaffalature, crea un ambiente di lavoro stimolante e produttivo.

Non ancora diffusi in Italia, gli uffici da giardino in legno, noti come Garden-Office, nascono nel Regno Unito dall’idea di lavorare nel giardino di fronte a casa o in un parco coworking.

Sono uffici open space a tetto piatto, con grandi vetrate scorrevoli che permettono un elevato ingresso di luce naturale. Il legno ben si presta a creare un luogo di lavoro salubre, bello, termicamente isolato ed acusticamente insonorizzato.

Una casetta in legno per l’ufficio non ha limiti per quanto riguarda l´efficienza energetica: questa può ottenere un altissimo valore energetico grazie allo spessore delle pareti esterne e può essere ulteriormente coibentata con un cappotto esterno.

Per via dell’interesse crescente per l’impatto ambientale e delle nuove condizioni di work life (si pensi allo smart working), il futuro riserva chiaramente uno spazio di lavoro a più stretto contatto con la natura, privo di barriere fisiche e acustiche e con la vista verso paesaggi rassicuranti.

Valentina Ieva

Nel corso di questa estate particolarmente calda siamo stati costantemente accompagnati dalle notizie riguardanti gli incendi ed i roghi che, giorno dopo giorno, stanno distruggendo ettari ed ettari del nostro bellissimo territorio, soprattutto nelle regioni del Centro – Sud. Spesso, laddove le case si trovano vicine al fronte incendiario e quindi quando il rischio per le persone diventa più elevato, si rende necessario il loro allontanamento dalle proprie abitazioni.

Ma cosa succede quando il fuoco colpisce una casa in legno? La risposta che il pensiero comune spingerebbe a dare è che il legno, utilizzato per accendere il camino in inverno e il barbecue in estate, è un materiale che brucia e che, di conseguenza, lo stesso avviene per un edificio con esso realizzato.

In realtà si tratta di un luogo comune da sfatare dal momento che, è stato dimostrato, la capacità di resistere al fuoco ed agli incendi è maggiore per gli edifici in legno piuttosto che per quelli realizzati in cemento armato o in acciaio. È davvero possibile? E come?

Prima di rispondere a queste domande occorre fare due piccole ma importanti precisazioni:

  1. Resistenza al fuoco non è sinonimo di ignifugo o di incombustibile: dire che il legno è resistente al fuoco non significa che non brucia, ma che brucia mantenendo comunque caratteristiche e prestazioni che garantiscono la sicurezza della struttura (e che vedremo tra poco);
  2. La resistenza al fuoco è una caratteristica che riguarda la struttura, non il singolo materiale che la compone, e che dipende da geometria, distribuzione dei carichi, esposizione, ecc. Per i materiali è più corretto parlare di reazione al fuoco e si valuta secondo classi da 0 a 5. I materiali incombustibili hanno classe 0, il legno ed i suoi derivati tra 3 e 4 in media.

Fissati questi due punti, torniamo agli edifici in legno e sulla loro migliore capacità di resistenza al fuoco, rispetto a quelli in cemento armato o in acciaio, e facciamo chiarezza su come questo sia possibile nonostante il legno sia un materiale che brucia!

La carbonatazione del legno

L’aspetto che, da questo punto di vista, fa la differenza è che, quando viene sottoposto al fuoco, il legno brucia sì, ma molto lentamente e mantenendo inalterate la propria struttura molecolare e le prestazioni. Occorrono tempi molto lunghi prima che le fiamme arrivino ad intaccare in maniera significativa l’anima del materiale: infatti quando la temperatura raggiunge i 240°C (si consideri che in caso di incendio di un edificio si superano i 400°C in pochi minuti!), si attiva il fenomeno detto carbonatazione del legno, che fa sì che lo strato di materiale più esterno protegga come un vero e proprio guscio la sezione più interna, quella resistente della struttura, impedendole di ridursi (se non in tempi molto lunghi) e, quindi, di compromettere la stabilità dell’edificio. La sezione carbonizzata presenta infatti una capacità conduttiva del calore estremamente bassa e costituisce quindi una sorta di barriera contro la penetrazione della combustione nel cuore della struttura.

Inoltre la porzione di materiale non carbonizzata, nonostante l’esposizione alle elevate temperature, mantiene appieno le caratteristiche di resistenza meccanica, proporzionalmente alle dimensioni della sezione integra: l’eventuale cedimento di un elemento in legno, può quindi avvenire solo ed esclusivamente nel caso in cui la sezione che rimane integra presenti dimensioni minori rispetto a quelle minime necessarie all’adempimento della funzione portante.

Quando collassa una struttura?

Il collasso a causa di incendi degli edifici in legno risulta di probabilità molto remota, dal momento che potrebbe avvenire, come già anticipato, solo a causa della progressiva (e lentissima) riduzione della sezione resistente e non per l’improvviso decadimento delle caratteristiche fisiche e meccaniche del materiale, come invece avviene per acciaio e calcestruzzo.

Per comprendere questa differenza basti pensare alle modalità del crollo delle due torri del World Trade Center di New York l’11 Settembre 2001: una struttura in acciaio, infatti, benché formalmente incombustibile, subisce la rapida perdita di stabilità quando viene sottoposta ad un rilevante aumento di temperatura. Dopo soli 5 minuti di esposizione al fuoco, l’acciaio raggiunge la temperatura critica di 500°C, che solitamente porta, nel giro di circa 10 minuti, al collasso della struttura.

Anche il calcestruzzo risulta classificato 0 dal punto di vista della reazione al fuoco dei materiali, quindi come incombustibile, tuttavia esso viene solitamente impiegato unitamente all’acciaio per realizzare strutture armate, per cui anche in questo caso esposizioni prolungate a temperature elevate possono costituire un rischio per la tenuta degli edifici.

La bassa conducibilità del legno

Infine, l’ulteriore aspetto che rende preferibile l’impiego del legno ad altri materiali dal punto di vista della resistenza al fuoco, è la sua bassa conducibilità termica: tale caratteristica consente in primo luogo di tutelare e proteggere le eventuali connessioni metalliche e le linee impiantistiche presenti all’interno della struttura e, in secondo luogo di circoscrivere l’area danneggiata dall’eventuale incendio.

Test condotti su pareti in legno sottoposte sul lato interno ad oltre due ore di fuoco con temperatura che ha raggiunto un picco di oltre 1000°C, hanno infatti dimostrato come, sul lato esterno, le condizioni fossero tutt’altro che estreme: temperatura di superficie compresa tra il 14 ed i 24°C e temperatura dell’aria di 11° C. Questo costituisce un aspetto non di poco conto se considerato dal punto di vista dell’intervento dei soccorsi.

Inoltre, dopo diverse ore di incendio, le pareti oggetto dei test non hanno perso le proprietà statiche e, alla fine, gli unici componenti da sostituire sono risultati essere il rivestimento interno in cartongesso e lo strato isolante.

Tutto ciò a conferma di come anche l’edilizia in legno, al di là dei pregiudizi, sia ben capace di garantire elevati livelli di sicurezza anche dal punto di vista del rischio di incendi.

 

Elena Ottavi

Qualche settimana in questo articolo de “Il Sole 24 Ore” si poneva l’attenzione sulla esplosione inattesa (nella sua entità e rapidità) dell’edilizia in legno nel nostro Paese, che in questi anni di grave crisi del settore costruzioni è riuscita non solo a crescere in controtendenza, guadagnando quote di mercato, ma anche ad affermarsi all’estero, sfruttando il riconoscimento e la forza del brand «made in Italy»”.

Come evidenziato dall’articolo, e come anche noi abbiamo spesso ribadito all’interno di questo blog, le ragioni della crescita di questo particolare settore sono numerose e vanno ricercate in primis nelle caratteristiche proprie del legno. Si tratta di un materiale naturale, isolante, traspirante, sostenibile, stabile, resistente a fuoco e sismi, versatile, riciclabile, che contribuisce al comfort ed alla salubrità degli ambienti interni.

E finalmente gli utenti, i committenti, i futuri abitanti delle case cominciano a prenderne coscienza e a preferire il legno ai tradizionali materiali da costruzione. Questo implica il ricorso ai sistemi costruttivi a secco, diversi tra loro e in grado di dare risposta alle singole esigenze progettuali ed esecutive. Sono principalmente tre: sistemi leggeri a telaio e sistemi massicci del tipo Blockhaus e X – Lam. È proprio quest’ultimo quello che attualmente sta registrando i risultati migliori, dal punto di vista delle quote di mercato raggiunte: ad oggi rappresenta circa il 45% delle nuove costruzioni (fonte “Il Sole 24 Ore”) e le prospettive per il futuro sono ottime.

Vediamolo un po’ più da vicino: in che cosa consiste e quali sono i principali vantaggi che il sistema costruttivo X – Lam porta con sé?

Che cos’è l’ X – Lam?

L’ X – Lam è un sistema costruttivo a secco di tipo massiccio, avente come materia prima dei pannelli lamellari prefabbricati, di spessore variabile e costituiti a loro volta da strati (tre al minimo e sempre in numero dispari) incrociati ed incollati (con colle a base naturale e prive di formaldeide o di altri componenti chimici nocivi per l’uomo), che permettono di raggiungere prestazioni elevate dal punto di vista di carichi e portata.

Vengono impiegati per la realizzazione di elementi portanti di superficie, cioè pareti, esterne ed interne, e solai, che arrivano in cantiere già dimensionati e sagomati, con le aperture di porte e finestre già predisposte. Il loro assemblaggio avviene ad incastro per mezzo di elementi di connessione metallici. I pannelli vengono posti in opera in maniera tale da definire strutture dal comportamento scatolare.

Le superfici esterne costituiscono il supporto su cui viene fissato lo strato di isolamento a cappotto, dallo spessore variabile a seconda delle esigenze e dei requisiti richiesti.

Il rivestimento esterno è a scelta del committente o del progettista: può essere in intonaco, pietra, legno o altro. Quello interno invece, solitamente si ottiene attraverso la giustapposizione al pannello X – Lam di un primo strato in cemento – legno (al cui interno trova spazio il passaggio delle linee impiantistiche) e da un secondo di finitura in cartongesso.

I vantaggi

Oltre ai vantaggi che derivano dalle caratteristiche intrinseche del legno, l’impiego della tecnologia X – Lam consente innanzitutto di raggiungere prestazioni elevatissime dal punto di vista statico e della resistenza pur realizzando strutture notevolmente più leggere rispetto a quelle ottenute attraverso sistemi tradizionali. Questo aspetto costituisce un incentivo rilevante per l’utilizzo dell’X – Lam, soprattutto per quanto riguarda gli interventi di ampliamento o sopraelevazione di edifici esistenti, quando si opera in contesti particolarmente delicati, come ad esempio i centri storici, quando si costruiscono complessi multipiano di grandi dimensioni.

Vanno aggiunti i vantaggi derivanti dalla prefabbricazione, che permette in primis di ridurre di circa il 40% la durata del cantiere oltre a garantire a priori la progettazione accurata di tutti i nodi, i dettagli ed i punti critici dell’edificio.

Inoltre l’isolamento a cappotto contribuisce a massimizzare le prestazioni dell’abitazione che sarà dal punto di vista dell’efficienza e garantisce l’assenza di ponti termici. Contribuisce anche all’aumento della massa del tamponamento e, quindi, all’aumento della sua resistenza termica: questo rende i sistemi X – Lam particolarmente adatti ad essere impiegati anche per la realizzazione di case in legno in zone dal clima caldo.

Elena Ottavi

Quello della casa in legno è un modello architettonico e tecnologico che è nato e si è sviluppato nelle regioni del Centro e Nord Europa, allo scopo di proteggere gli ambienti domestici interni da temperature invernali molto basse. E anche nel periodo estivo a certe latitudini ed altitudini, nonostante condizioni generalmente più miti, il clima si mantiene sempre piuttosto fresco. Diversamente da quanto invece avviene dalle nostre parti: in Italia infatti il clima presenta caratteristiche più mediterranee che ci costringono, specialmente nelle regioni del Centro – Sud, ad estati molto lunghe e molto calde, con picchi elevatissimi di temperatura, umidità ed afa.

Questa diversità da sempre alimenta diffidenza e scetticismo nei confronti della capacità delle case in legno di rispondere in maniera ottimale anche alle esigenze termiche determinate da quelle condizioni climatiche che contraddistinguono la maggior parte del nostro territorio. In particolare spesso si tende ad associare il materiale legno e le tecnologie costruttive che lo riguardano ad ambienti che si mantengono caldi e confortevoli durante l’inverno, sottovalutandone le prestazioni dal punto di vista dell’isolamento dal caldo nel periodo estivo. Ovviamente si tratta di una falsa credenza, dal momento che l’impiego del legno ben si adatta a qualsiasi tipologia di clima: la condizione imprescindibile è la corretta conoscenza del contesto in cui si opera, unita ad una progettazione mirata e personalizzata in funzione delle esigenze e dei fattori che entrano in gioco. Una casa in legno in Trentino Alto Adige ed una in Puglia possono essere parimenti performanti rispetto al territorio ed al clima con cui interagiscono, ma dovranno necessariamente presentare caratteristiche ed accorgimenti specifici e differenti, che vanno da quelli di natura architettonica e distributiva (orientamento, aperture, sistemi di protezione dal sole, ecc.) alle scelte relative alla stratigrafia dei tamponamenti.

Il primo aspetto da tenere in considerazione per realizzare una casa in legno che garantisca ottime prestazioni anche a climi mediterranei è quello di progettarla con un involucro edilizio dotato di massa tale da determinare lo sfasamento termico necessario a rallentare o bloccare la penetrazione all’interno del calore esterno. È il concetto che, seppure in maniera empirica, veniva applicato negli edifici tradizionali, basti pensare ai Trulli, ai Sassi o alle antiche chiese, ambienti caratterizzati da temperature interne costantemente fresche e piacevoli nonostante il caldo all’esterno. Dal punto di vista tecnico – scientifico lo sfasamento termico consiste nel tempo che l’onda termica generata dalla radiazione solare impiega per penetrare all’interno. Si misura in ore, per cui quando si parla di sfasamento di 3, 4, 5 ore o più, significa che il calore raggiungerà l’interno dopo 3, 4, 5 ore di esposizione. Durante la notte i tamponamenti e gli ambienti interni (adeguatamente ventilati) tornano a cedere l’energia accumulata. Ne consegue che se un edificio presenta un involucro edilizio dotato di elevata inerzia termica (“capacità di un materiale o di una struttura di variare più o meno lentamente la propria temperatura come risposta a variazioni di temperatura esterna o ad una sorgente di calore/raffreddamento interno”, fonte Wikipedia) e in grado di assicurare un sfasamento piuttosto lungo (i Trulli hanno sfasamento maggiore di 10 ore!), il calore raggiungerà l’interno quando sarà già possibile raffrescarlo attraverso il ricambio di aria.

L’applicazione di questo principio, proprio delle architetture tradizionali, alle case prefabbricate in legno passa innanzitutto attraverso la necessità di aumentare la massa dell’involucro, ad esempio preferendo adottare sistemi costruttivi che prevedono soluzioni più massicce, con pareti piene alternate a strati di isolante, capaci di migliorare lo sfasamento termico. È ciò che avviene con la tecnologia X-lam.

La soluzione alternativa è invece quella che interviene sulla tipologia dell’isolante: infatti la scelta di materiali isolanti ad alta densità, come la fibra di legno, influisce notevolmente sulle prestazioni del tamponamento esterno rispetto alle sollecitazioni di natura termica. Invece la tradizionale lana di roccia, spesso utilizzata per le abitazioni in legno costruite in climi freddi, è un isolante di tipo leggero ottimo per proteggere gli ambienti interni dalle basse temperature ma poco performante con quelle alte.

Alle prestazioni ed alle caratteristiche dei singoli materiali, si aggiunge un ulteriore aspetto fondamentale proprio dei sistemi costruttivi in legno, caratterizzati, per loro natura (e se eseguiti a regola d’arte) dall’assenza di ponti termici.

Pertanto la buona progettazione unita all’accurata e precisa esecuzione delle lavorazioni, costituiscono i principali fattori che incidono sulle prestazioni di un’abitazione in legno.

Elena Ottavi

Lo scorso 30 Novembre un vasto e rovinoso incendio ha distrutto la sede storica, il cuore pulsante dell’azienda Cotonella a Sonico nel bresciano. L’edificio, che costituiva l’ex sito produttivo successivamente destinato ad accogliere uffici amministrativi e laboratori, è stato avvolto da fiamme che, in poco più di un’ora e mezzo, hanno lasciato uno scheletro annerito come unico superstite. I danni sono stati ingenti ma non hanno tuttavia impedito all’azienda di ripartire in brevissimo tempo con maggiore slancio, combattività ed entusiasmo. La produzione ed i lavori non si sono praticamente mai interrotti ed è stato immediatamente avviato il grandioso processo di progettazione della nuova sede, che ha come principali interpreti lo studio di architettura J+S Architecture&Engineering e la nostra Albertani Corporates.

Albertani Corporates si è occupata di tutti gli aspetti relativi alla struttura, di cui ha elaborato il progetto e realizzato i singoli elementi. La loro produzione si è svolta interamente all’interno degli stabilimenti dell’azienda.

La struttura portante: i portali

Il nuovo edificio, quasi ultimato, è realizzato interamente in legno. Presenta una pianta più o meno rettangolare, con lato lungo di circa 52 m di lunghezza, e si distribuisce su due livelli, il piano terra più un soppalco.

Il volume è definito dalla successione di undici portali sagomati curvi, con il più alto che raggiunge i 9,50 m di altezza e costituisce la cuspide del sistema della copertura. Sono disposti in parallelo, equidistanti e presentano tutti uguale luce, pari a 15, ma si differenziano l’uno dall’altro per forma, sagoma e tipologia di lavorazione. È quindi stato necessario progettarli e realizzarli singolarmente.

Ciascuno dispone di due o tre cerniere, a seconda della conformazione, e presenta un estradosso sagomato attraverso l’impiego di macchine a controllo numerico. Il ricorso a tali strumenti ha consentito all’azienda anche di realizzare degli speciali incassi finalizzati a nascondere alla vista la ferramenta e gli elementi di connessione impiegati. Sono costituiti da speciali lamelle in legno incollate di spessore pari a 17 mm e rappresentano il sistema di supporto a cui sono appesi la scala che dà accesso al piano soppalcato ed il soppalco stesso.

La copertura e le pareti esterne: il sistema Lignum K® di Albertani Corporates

Come la struttura portante, anche la copertura e le pareti perimetrali, tutte in legno, sono state progettate e realizzate su misura da Albertani Corporates in funzione delle caratteristiche architettoniche e delle prestazioni attese dall’edificio.

Per entrambe le tipologie di elementi costruttivi è stato impiegato il sistema Lignum K®, uno speciale pannello in grado di garantire ottime prestazioni sia dal punto di vista portante che dell’isolamento: si tratta di una tecnologia particolarmente adatta alla realizzazione di coperture, pareti e solai perché consente l’eliminazione delle partizioni secondarie.

Dal punto di vista della composizione, il pannello Lignum K® è costituito da un’anima in materiale coibentante ed è rivestito sulle due facce esterne o da legno listellare (la cui essenza può essere di volta in volta variata e definita a seconda delle esigenze e delle richieste della committenza o del progettista) o da OSB o da altri materiali.

Il sistema Lignum K® è nato da un’idea di Albertani Corporates ed è unico nel suo genere: oltre ad essere totalmente ecologico, garantisce infatti prestazioni fisico – meccaniche che lo rendono estremamente versatile nelle applicazioni. A ciò si aggiunge inoltre l’enorme vantaggio dettato dall’estrema rapidità e semplicità di manovra e posa in opera all’interno del cantiere.

Si tratta, infine, di un prodotto brevettato e certificato REI 60 per la resistenza al fuoco.

Tutti questi aspetti hanno orientato committenza, progettisti ed azienda nello scegliere di impiegare Lignum K® per la copertura e le pareti perimetrali della nuova sede Cotonella.

La copertura consiste in un complesso sistema di falde che raggiunge la massima altezza in corrispondenza del portale più alto ed è definita da tre principali categorie di elementi: il pacchetto coibente, l’impermeabilizzazione e il manto di finitura.

Il primo è quello costituito dall’elemento portante (fuori standard e quindi anche in questo caso realizzato ad hoc) del tipo Lignum K 200, composto da un doppio pannello listellare in abete di spessore 20 mm e da lana di roccia ad alta densità (sp. 16 mm).

Segue lo strato impermeabilizzante, formato dalla guaina impermeabile, dal pannello fonoassorbente a base di gomma e rivestito su entrambi i lati con garza antiaderente, e da una membrana traspirante (ed impermeabile) con filamenti metallici.

Completa il quadro il manto di finitura, realizzato in lamiera di alluminio aggraffata (spess. 8/10) e dotato di elementi con funzione paraneve.

Le pareti perimetrali sono invece realizzate con pannelli Lignum K 170 e, in corrispondenza dei lati corti dell’edificio lasciano spazio a due ambienti porticati.

Sostenibilità e resistenza al fuoco

Il progetto e la realizzazione della sede Cotonella arricchisce il portfolio dell’azienda Albertani Corporates di un nuovo esempio di architettura e sostenibilità: l’impiego del legno e, nello specifico, del sistema certificato Lignum K®, garantisce all’edificio prestazioni elevate dal punto di vista dell’efficienza e del risparmio energetico ed assicura quelle condizioni di comfort e traspirabilità da cui deriva il benessere degli ambienti interni.

È inoltre estremamente significativo come, a seguito di un incendio che ha quasi completamente distrutto l’edificio esistente, la scelta dei progettisti e della committenza si sia comunque rivolta verso la realizzazione di una struttura total – wood. Questo sottolinea e ribadisce ancora una volta che tra i vantaggi che l’impiego del legno porta con sé, c’è anche la sua elevata resistenza al fuoco: nonostante le affermazioni dei detrattori e dei luoghi comuni, si tratta infatti di un materiale che, se sottoposto a combustione, resiste di più e più a lungo rispetto, ad esempio, all’acciaio o al calcestruzzo.

E il progetto per Cotonella dimostra che sono in lenta ma costante crescita la sensibilità e la consapevolezza nei confronti delle potenzialità del legno come materiale da costruzione.

 

Elena Ottavi

Le facciate degli edifici vengono a volte ridotte a componenti edilizie dalla sola funzione estetico – architettonica. In realtà il loro ruolo è fondamentale perché da un lato determinano, appunto, le relazioni dell’organismo architettonico con il contesto in cui questo è inserito, dall’altro ne costituiscono l’involucro e quindi agiscono in maniera importante sugli scambi termici, acustici ed energetici tra interno ed esterno. È quindi fondamentale progettarle con cura così da assicurare il massimo comfort agli ambienti domestici.

Ci sono varie tipologie di facciata che possono essere realizzate in funzione dei materiali che si sceglie di impiegare o di mettere in vista: facciata continua (o curtain – wall), in cui il vetro è protagonista, a faccia-vista, quando si espone il laterizio, facciate con rivestimenti di varia natura e forma (intonaco, pannelli, listelli e doghe in legno, ecc.).

Scegliere di realizzare una casa in legno non vincola il committente ad un edificio total-wood dentro e fuori: il legno rappresenta infatti la quota di maggioranza tra i materiali impiegati, ma non è l’unico né ci obbliga necessariamente ad un’abitazione con pareti anch’esse in legno!

Quando si opera con le tecnologie costruttive legate all’uso di questo materiale, principalmente X-lam e sistemi a telaio, le tipologie di facciata più frequenti sono quelle basate sul cappotto e sulla ventilazione.

Nel post di oggi vogliamo quindi approfondire quali sono le possibilità offerte dall’impiego del legno come materiale da costruzione dal punto di vista delle scelte estetico – architettoniche relative alle facciate ed ai materiali da impiegare per la realizzazione di queste ultime, concentrandoci in particolare sui sistemi di pareti ventilate.

Per parete ventilata si intende una tipologia di parete costituita da una stratigrafia composita, il cui rivestimento esterno consiste in un paramento ancorato alla struttura tramite appositi supporti. Questi individuano uno spazio vuoto, posto tra la struttura della parete ed il rivestimento stesso, che agisce da un lato come una semplice e tradizionale camera d’aria, che partecipa all’isolamento dell’edificio, e dall’altro garantisce la traspirabilità dei tamponamenti esterni.

Quindi procedendo dall’interno verso l’esterno, una parete in legno ventilata risulta composta da tre principali componenti:

  • la struttura in legno della parete, rivestita esternamente da uno strato continuo in materiale isolante;
  • l’intercapedine ventilata, la cui profondità dipende dalla tipologia degli elementi che fungono da supporto per la posa in opera del paramento esterno. Si tratta solitamente di montanti fissati alla parete e che, a loro volta, costituiscono il sostegno per il rivestimento finale;
  • il rivestimento esterno: nelle abitazioni in legno può essere anch’esso di legno, sotto forma di listelli o doghe, ma non solo. Come abbiamo già evidenziato, una struttura in legno non implica necessariamente la scelta di una casa totalmente in questo materiale anche all’esterno: il rivestimento esterno può pertanto essere realizzato in una grandissima varietà di materiali. La condizione è che siano configurati come pannelli da installare a secco. Ci sono rivestimenti in pietra, marmo, gres, cotto, calcestruzzo in materiali metallici come l’alluminio, in materiali compositi di natura sintetica, ecc.

Dal punto di vista funzionale, l’efficacia e l’efficienza del sistema parete ventilata risiedono nel fatto che il rivestimento è posto in opera in maniera tale da individuare, alle estremità inferiore e superiore, delle aperture in grado di consentire l’ingresso e l’uscita dell’aria. È il cosiddetto effetto camino, il principio fisico secondo cui l’aria penetra dal basso all’interno dell’intercapedine, si riscalda e, di conseguenza, risale verso l’alto. Una volta in cima, fuoriesce dall’apertura superiore.

In questo modo la camera di ventilazione risulta costantemente attraversata in direzione verticale da flussi d’aria che si muovono secondo moti convettivi ascensionali e che sommano all’azione isolante dell’aria in sé considerata (basti pensare alle tradizionali pareti ventilate in muratura) il vantaggio dell’eliminazione dell’umidità.

Infatti durante la stagione estiva, il flusso dell’aria all’interno dell’intercapedine consente l’allontanamento e l’espulsione di quella surriscaldata, riducendo l’incidenza termica dell’ambiente esterno sulla struttura della parete. In inverno, invece, i moti convettivi permettono l’eliminazione del vapore acqueo prodotto internamente dalle attività domestiche, limitando sensibilmente il rischio dei danni e delle problematiche legate alla presenza di umidità e di condensa.

Chiudiamo il quadro con i vantaggi che la scelta di pareti ventilate produce dal punto di vista della manutenzione, dal momento che la configurazione modulare del rivestimento in pannelli fissati a secco rende notevolmente più semplici e veloci le operazioni eventualmente necessarie per la sostituzione di elementi danneggiati.

Elena Ottavi

Fino a qualche decennio fa l’architettura delle cantine e delle aziende vinicole era disegnata quasi esclusivamente in funzione dei criteri pratico-funzionali e dei requisiti imposti dalle attività e dai processi cui erano destinate, come umidità, illuminazione e temperatura interne. Tuttavia spesso ne risultavano strutture che mancavano di una propria identità e di elementi che le caratterizzassero al di là di come semplici luoghi per la produzione e conservazione del vino.

Negli ultimi anni invece l’affinamento dei processi di vinificazione e la disponibilità di tecniche e materiali all’avanguardia, oltre all’aumento del numero di foodies e degli amanti-esperti dei prodotti enogastronomici, ha impresso una forte accelerazione alla crescita ed allo sviluppo sia del settore enologico sia di quello turistico legato al vino, in Italia e in tutto il mondo.

Lo dimostrano il moltiplicarsi ed il sempre crescente successo di eventi come Cantine Aperte e Vinitaly, l’aumento del numero dei corsi (e di iscritti a tali corsi) dedicati all’avvicinamento al vino ed alla sua degustazione, il proliferare di quello che viene ormai comunemente definito enoturismo.

L’architettura come identità

Tutto ciò ha generato un cambio di passo anche nell’ambito della concezione e della progettazione delle cantine e delle aziende ad esse connesse, non più riducibili a semplici luoghi di trasformazione e conservazione, ma realtà sempre più complesse destinate ad ospitare sia le attività viti-vinicole tradizionali, sia quelle relative alla ricerca, alla sperimentazione, all’accoglienza e, soprattutto, alla promozione del territorio e dei propri prodotti.

In questo modo prende forma e si rafforza l’esigenza per i marchi e le aziende del settore di ridefinire il proprio ruolo e la propria immagine, i quali devono sempre più strettamente lavorare a specifiche strategie di marketing e legarsi ad un’identità commerciale in cui vino e territorio costituiscono componenti inscindibili di un unico prodotto.

Per questo numerose aziende in Italia e nel mondo hanno scelto di riqualificarsi e rilanciarsi a partire dal design per attirare consumatori e visitatori, commissionando ai nomi illustri dell’architettura internazionale il restyling o l’ampliamento delle proprie strutture o la realizzazione di nuovi edifici e complessi produttivi: Botta, Calatrava, Siza, Moneo, Herzog & De Meuron, Aulenti, Piano, Gehry, solo per citarne alcuni.

Ma progettare una cantina è tutt’altro che semplice: oltre alla comunicazione dei contenuti e dei valori del territorio e dell’azienda, vi sono infatti anche le esigenze tecnico-funzionali legate ai procedimenti produttivi e la definizione di relazioni paesaggistiche con il contesto in cui si progetta. Per cui all’architettura spetta un compito oneroso mentre il progettista, dal suo canto, si trova di fronte ad un processo estremamente articolato: la ricerca del design e del valore estetico devono infatti confrontarsi e dialogare anche con la complessità dei cicli produttivi e con i rigidi requisiti che questi impongono dal punto di vista di luce, esposizione, temperatura, dimensioni, umidità, ecc.

Una delle strade privilegiate per dare risposta a queste richieste, è quella che passa attraverso scelte sostenibili, come il ricorso alla bioedilizia, l’uso di fonti energetiche rinnovabili, l’impiego di materiali riciclati o riciclabili (legno, sughero, pisè, terra cruda, ecc.), lo sfruttamento di acque di recupero.

Il legno nell’architettura delle cantine

Quando si parla di sostenibilità, non si può fare a meno di citare il legno, il materiale sostenibile per eccellenza. Vediamo dunque alcuni esempi di come questa nobile materia è stata recentemente impiegata per realizzare architetture destinate ad ospitare cantine ed aziende vinicole.

Bodegas Ysios, Laguardia (Spagna), 2001. Opera dell’architetto – ingegnere spagnolo Santiago Calatrava, sembra adagiata nel paesaggio come un’onda in un mare di vigneti e si caratterizza per il trattamento volumetrico di pareti e copertura. Questa si configura come una superficie rigata dall’andamento sinusoidale, in cui concavità e convessità si alternano con continuità: è ottenuta attraverso la giustapposizione di travi rettilinee in legno lamellare diversamente ruotate intorno all’asse ed è rivestita da pannelli in alluminio. Alla sua realizzazione ha collaborato anche Albertani Corporates.

E’ in legno (di cedro) anche il rivestimento della facciata meridionale, con dichiarato intento di evocare l’immagine delle barriques di vino.

Cantina Marchesi Antinori, San Casciano Val Di Pesa (Firenze), 2012. Il progetto del gruppo Archea Associati guidati da Marco Casamonti presuppone, “attraverso l’architettura, la valorizzazione del paesaggio e del territorio circostante quale espressione della valenza culturale e sociale dei luoghi di produzione del vino”. L’edificio si fonde letteralmente con il territorio: la copertura definisce un nuovo piano di campagna che segue il pendio naturale ed è coltivato a vigneto. La terra, l’elemento naturale, è ciò che costituisce l’involucro dell’architettura: cotto, legno e cortèn completano il quadro dei materiali e la tavola cromatica sui toni del marrone-rosso che contraddistingue l’edificio.

Cantina Le Mortelle, Castiglione della Pescaia (Grosseto), 2010. Anche in questo caso si tratta di una delle cantine di proprietà della Famiglia Antinori e anche qui, così come per la precedente, si tratta di una struttura prevalentemente ipogea così da meglio coniugarsi con il ciclo di vinificazione. Il risultato è un’architettura di forma cilindrica a pianta centrale, con pilastri disposti radialmente e copertura a cupola ribassata con struttura in legno lamellare e finitura a verde pensile. Fulcro dello spazio è una monumentale scala elicoidale in acciaio e legno che si sviluppa all’interno del pozzo luce centrale. Il progetto è dello studio Hydea.

Rifugio del Vino – Cantina Les Crêtes, Aymavilles (Aosta). L’Arch. Domenico Mazza reinterpreta la tipologia del rifugio alpino per definire il nuovo edificio destinato all’accoglienza, realizzato accanto alla cantina storica. E’ costituito da una serie di volumi inclinati, che nella forma sembrano alludere e richiamare alle montagne circostanti e collegati da percorsi di visita. Hanno struttura in legno lamellare, pareti vetrate e copertura in lamiera.

Cantina Nals Margreid, Nalles (Bolzano), 2011. Il progetto dello Studio Markus Scherer Archtekt riguarda l’ampliamento della preesistente cantina: consiste nella realizzazione di una nuova barriccaia, interamente in legno, di uno spazio per lo scarico e la vinificazione dell’uva e di una cantina interrata.

Chateau Cheval Blanc Winery, Saint – Emilion (Francia), 2011. Il progetto consiste nell’ampliamento della preesistente struttura. Opera dell’Architetto Christian de Portzamparc, Pritzker Prize 1994, si sviluppa su due livelli, di cui uno interrato. L’architettura prende forma in un’enorme vela di cemento bianco che sembra adagiarsi sui vicini vigneti disegnando una sorta di collina artificiale sopraelevata. Al di sotto volumi vuoti si alternano ad altri in vetro e legno.

Cantina La Brunella, Castiglione Falletto (Cuneo), 2006. L’Arch. Guido Boroli ha progettato questo nuovo edificio, sorto accanto alla cascina storica, ma esclusivamente dedicato alla produzione, invecchiamento ed affinamento del Nebbiolo da Barolo. La chiave di lettura di questa architettura è la reinterpretazione in senso moderno di forme locali: edificio con struttura tradizionale a due falde (capriate in pino lamellare con doppia catena in acciaio) con pareti esterne rivestite da doghe in legno di rovere massello derivati da vecchi barriques.

Cantina Alois Lageder, Magré (Bolzano), 1995. L’edificio, opera degli architetti Abram & Schnabel, costituisce la perfetta sintesi di sostenibilità e sviluppo tecnologico: è realizzato interamente in legno e vetro e presenta una grande, larga rampa che raggiunge la copertura.

Elena Ottavi