Davanti alla domanda di ampliare gli spazi domestici, ma contestualmente di non consumare vanamente nuovo suolo urbano (fenomeno che per l’Ispra avverrebbe alla velocità di circa 7 mq/sec), la risposta tecnica migliore, oggi sempre più diffusa, è nella sopraelevazione. Questa soluzione, idonea sia per edifici residenziali sia terziari e che non richiede nuove opere di urbanizzazione perché sfrutta quelle già esistenti, può essere realizzata con diverse modalità. Non solo con diversi materiali, ma anche con diversi elementi architettonici.

A seconda delle esigenze dell’utente che godrà dell’intervento di restauro e ampliamento. E nel quale, inoltre, andrebbero considerati anche i benefici energetici derivanti da un intervento edilizio simile, orientato ad accrescere la vivibilità domestica. Tra le possibilità oggi disponibili, quindi, l’unica capace di saldare, contemporaneamente ed efficacemente, la dimensione della sostenibilità ecologica-economica con quella della rapidità della realizzazione, è la sopraelevazione in legno. Con questa ipotesi che risulterà particolarmente performante se nascerà dalla prefabbricazione e sarà attuata con interventi a secco.

In principio, quando parliamo di sopraelevazione dobbiamo riferirci ad una estensione verticale dello spazio, ossia all’aggiunta di almeno un piano posto sul solaio di copertura di un edificio. Con questa trasformazione edilizia favorita dal Governo e dalle Regioni mediante i vari “Piani Casa” adottati che consentirebbero, stante alcune condizioni e le disposizioni urbanistiche vigenti, un aumento della volumetria del 20%. Un incremento notevole che, tuttavia, può conseguirsi dopo aver ottemperato ad alcune prescrizioni normative.

Secondo le attuali Norme Tecniche delle Costruzioni (Ntc: DM del 14/01/2008), infatti, essendo necessaria la verifica delle caratteristiche statiche e strutturali del solaio che dovrà sopportare il nuovo peso dato dalla sopraelevazione, è obbligatorio procedere alla valutazione della sicurezza e, ove necessario, progettare l’adeguamento sismico dell’intera struttura esistente. Con una attenzione, evidentemente alta, e un livello di progettazione altrettanto accurato, per tutti quegli edifici costruiti entro la fine degli anni ’80 del secolo scorso, quando era in vigore una altra normativa antisismica.

Per le sopraelevazioni, pertanto, dovranno essere garantite, rispetto ai vari stati limite, le prestazioni di resistenza, duttilità e deformabilità. Nei condomini, per esempio, questa possibilità, agli aventi diritto, sarebbe preclusa ove sussistesse il rischio di un danno statico ai piani inferiore o di compromettere l’estetica dell’involucro edilizio. Noti i benefici del legno – leggerezza e sicurezza, elasticità e flessibilità – è prassi, sempre più diffusa, impiegare questo affascinante e resistente materiale naturale e riciclabile per realizzare queste opere di sopraelevazione.

Non trascurando, inoltre, la capacità del legno di garantire un elevato comfort termo-igrometrico e un elevato isolamento termo-acustico. Riassumendo, perciò, possiamo elencare i numerosi vantaggi assicurati da una prefabbricata sopraelevazione in legno realizzata a secco (con pannelli XLam):

  • Velocità di posa, in confronto con l’edilizia in muratura, con risparmio di tempo e di risorse (con cantiere chiuso anche in poche settimane se la superficie da realizzare è modesta);
  • Alta capacità di portata attraverso una struttura leggera;
  • Alta efficienza energetica;
  • Comfort igroscopico e isolamento termo acustico;
  • Intervento a secco che limita pericolose vibrazioni e sollecitazioni dinamiche sull’edificio esistente;
  • Disagi ridotti con l’edificio da ampliare che resta abitabile e le nuove volumetrie rapidamente fruibili;
  • Cantiere “ecosostenibile” dovuto alla scelta del legno e della tecnologia della prefabbricazione con montaggio all’avanguardia che non produce polveri e rifiuti speciali.

Questi interventi, concludendo, quindi non solo dal punto di vista economico – secondo alcune stime si potrebbe spendere fino ad un massimo di 1400 E/mq – ma anche ecologico oggi rappresentano la migliore soluzione tecnica per tutti quelli che avrebbero la possibilità e desidererebbero ampliare i propri spazi domestici, non rinunciando al comfort e alla qualità.

Giuseppe Milano

Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia.

Arthur C. Clarke

Molti pensano che una casa in legno richieda più lavori di manutenzione di una normale abitazione in calcestruzzo o in muratura. La domanda è: legno o cemento armato? La risposta data da Renzo Piano, già qualche anno fa, la dice lunga:

“Meglio il legno. Che è un materiale leggero, flessibile, riciclabile, rinnovabi­le, sicuro. Si tagliano gli alberi per co­struire quelle case temporanee e se ne piantano tre volte tanti. E quando, dopo quattro o cinque anni, si buttano giù le case, al loro posto si fa nascere un bo­sco e si ricicla il legno usato. Si lavora, insomma, sulla natura. Meglio dimenti­carsi quel cemento armato che rende tutto meno elastico e più vulnerabile”.

Un edificio più leggero e più efficiente implica costi più bassi, minor materiale impiegato e bassissimi consumi di gestione dell’immobile.

Immaginiamo di mettere a confronto due edifici prefabbricati con uguali dimensioni e forma, uno in calcestruzzo armato ed uno in legno. Prendendo in esame la sola struttura e le partizioni, con analisi di tipo LCA (Life Cycle Assesment), che considerano l’intero ciclo di vita dell’edificio, le risorse impiegate durante le varie operazioni di produzione della materia prima, di trasporto e le fasi di cantiere, fino alla realizzazione finale dell’edificio, i valori di energia primaria impiegata (espressa in Joule equivalenti) per la realizzazione di ogni metro quadrato sono:

Calcestruzzo: 2,5 GJ/mq

Edificio con struttura in calcestruzzo armato, composta da travi e pilastri, partizioni orizzontali in latero-cemento e verticali in mattoni forati.

Legno: 1 GJ/mq

Edificio con struttura composta da fondazioni in calcestruzzo, travi e pilastri lignei prefabbricati, e tamponamenti orizzontali e verticali in pannelli prefabbricati lignei.

Oltre a consumare pochissima energia nelle fasi di produzione e posa in opera, il legno non rilascia emissioni, polveri o fibre nocive durante l’impiego e, a fine utilizzo, si smaltisce senza inquinare.

Non solo.  Sapevate che l’impiego del legno in edilizia contribuisce ad abbassare la concentrazione di CO2 nell’atmosfera? Come evidenziato già dall’Unione Europea, nel Sesto Programma di Azione Ambientale, la capacità di assorbimento di CO2 da parte del legno non ha eguali. In un metro cubo di legno sono contenuti circa 900 kg di CO2. Costruire una casa ecologica a basso consumo energetico significa utilizzare circa 80 metri cubi di legno, pari a circa 72 tonnellate di CO2 in meno nell’atmosfera, e questo per tutto l’arco di vita della casa.

Ma quanto dura una casa in legno, rispetto a quelle tradizionali?                                                    

Oggi gli edifici in legno sono costituiti da pareti stratificate che proteggono il legno strutturale da ogni tipo di sollecitazione esterna (acqua, umidità, sole ed agenti biotici). Una casa ben progettata e ben costruita, sottoposta negli anni agli interventi di manutenzione classici che ogni edificio richiede, potrà mantenersi intatta per una vita, né più né meno di una casa in muratura. Ben oltre le aspettative del proprietario.

Le differenze reali risiedono semplicemente nella diversa composizione delle pareti esterne che, come sappiamo, sono protette da uno spesso isolamento a cappotto intonacato e non presentano parti in legno a vista.

La casa in legno non ha problemi di umidità o di fastidiose infiltrazioni che costringono i proprietari a intervenire continuamente sull’immobile, sia internamente che esternamente. I numerosi trattamenti a cui gli elementi in legno vengono sottoposti, prima dell’assemblaggio, sono tali da rendere il materiale resistente al fuoco, all’usura, all’umidità e all’attacco dei parassiti, riducendo al minimo la manutenzione che il proprietario di una casa in legno affronterà nel corso degli anni. Di gran lunga inferiori a quelli di cemento armato e laterizio. Senza necessità di interventi di ristrutturazione di alcun tipo.

Una casa costruita a regola d’arte, con un’attenzione ad elementi come il passaggio dell’aria, le impermeabilizzazioni di copertura e contro terra, i ponti termici, già in fase di progettazione, farà sì che la prima manutenzione avvenga dopo 20 anni.

In Italia l’edilizia in legno ha registrato una crescita costante, confermando l’avvenuto cambiamento di mentalità nei confronti di una tipologia costruttiva ecologica, sicura e in grado di garantire significativi vantaggi economici in termini di risparmio energetico (circa il 40% rispetto alle strutture tradizionali).

Basti pensare ai dati emersi dal “Rapporto Case ed Edifici in Legno 2015” dedicato al mercato italiano, redatto dal Centro Studi Federlegno Arredo Eventi.

La ricerca registra oltre 3.000 edifici costruiti in Italia nel 2014 (90% residenziale), un fatturato complessivo di 658 milioni di euro, in legno 6 abitazioni nuove su 100, il 51% degli edifici consegnati “chiavi in mano”.

Il Trentino Alto Adige detiene il primato per numero di aziende costruttrici (49), seguito da Lombardia (42) e Veneto (35).

Cariche di soddisfazione le stesse parole del presidente di AssolegnoEmanuele Orsini, in riferimento al fenomeno Expo2015: “Oggi gli edifici in legno non sono più una nicchia bensì un segmento di mercato. Le imprese italiane hanno un patrimonio di eccellenza tutto da valorizzare, basti pensare alle strutture di Expo 2015, dove il legno ha giocato un ruolo fondamentale: il legno ha garantito ottime tempistiche di realizzazione e ha permesso la costruzione di edifici che non moriranno, come “infinita” è la vita di questo materiale naturale e sostenibile per eccellenza”.

Se quando si acquista un’automobile ci si informa su prestazioni, consumi e comfort, perché non farlo anche per la casa? L’uso di una tecnologia costruttiva per la realizzazione di case in legno, che impieghi materiali di origine naturale, certificati ad emissioni zero, come quelle proposte da Albertani Corporates, ha tutte le condizioni per rispondere al desiderio di ‘costruirsi la casa da soli’, vivere il ‘respiro’ del legno e il contatto con la natura.

Il legno non è soltanto il materiale adatto per ogni clima, ma rappresenta un valore, una tradizione, un risparmio, una libertà.

Valentina Ieva

Da almeno 20 anni, ossia dal sisma del 1997 che ha sconvolto l’Umbria, dopo ogni catastrofe naturale – che sia un terremoto, una frana o un’alluvione – come fosse un tormentone estivo, sentiamo ripetere il ritornello “Ora avanti con la prevenzione. Mai più morti innocenti”. Una volta asciugate le lacrime, però, almeno fino ad oggi, la commozione o l’indignazione non sono mai state sostituite da rapidi e trasparenti processi di ricostruzione. È il momento, perciò, di far diventare attraente la cultura della prevenzione: da esibire attraverso la pianificazione e l’adozione di un articolato e strategico sistema di interventi che, nella consapevolezza di non poter prevedere i terremoti, possa, il più possibile, mitigarne gli effetti e limitarne gli impatti.

Le immagini, come sempre dolorose, del terremoto che nella notte del 23 agosto scorso ha sbriciolato i piccoli borghi di Amatrice, Arquata e Pescara del Tronto, impongono, probabilmente più ai tecnici e agli operatori dell’edilizia che agli amministratori pubblici, una radicale inversione di tendenza. Una conversione etica-ecologica profonda e diffusa che imponga il paradigma della messa in sicurezza del territorio italiano. Proteggere e valorizzare il paesaggio italiano è la principale “Grande Opera” della quale oggi abbiamo, come Sistema-Paese, tremendamente bisogno.

Come creare e sperimentare la prevenzione, quindi? Agendo, da un lato, sul profilo culturale: per esempio, sostenendo la proposta, destinata al premier Renzi dal presidente nazionale della Società italiana di Geologia Ambientale (Sigea) Antonello Fiore, di destinare lo 0,001% degli investimenti per la ricostruzione ad attività di sensibilizzazione sul rischio sismico. E investendo, dall’altro lato, sulla dimensione tecnica: essendo il nostro Paese, per “la giovinezza” delle sue faglie, fortemente a rischio sismico, e ancor più per la notevole vetustà del suo ingente patrimonio edilizio, occorrerebbe comprendere che edificazioni in muratura o in cemento armato sarebbero da evitare. Per sostituirle con le ben più sicure, performanti, affidabili, costruzioni in legno. Ancor più quelle realizzate attraverso la prefabbricazione che, sospinte dall’innovazione tecnologica, oggi garantiscono, in tempi rapidi, alti standard di qualità e sostenibilità.

Assumendo le previsioni elaborate dal Consiglio Nazionale Ingegneri (CNI) – per i quali nel nostro Paese ci sarebbero 12 milioni di immobili (il 40% circa del totale, che ospita quasi 20 milioni di residenti) bisognosi di urgenti interventi antisismici per un costo complessivo di circa 93 miliardi di euro – sarebbe auspicabile, pertanto, la modifica dell’architettura normativa che oggi non favorisce e promuove la sostituzione edilizia o la riqualificazione del costruito. Con il paradosso che, negli anni, si è sostenuta, attraverso una pluralità di incentivi fiscali, la rigenerazione energetica e si è trascurata quella statica. E l’aggravante che già nel 1999, con il disegno di legge nr. 4339 (mai approvato), fu previsto l’istituto della “carta d’identità dei fabbricati”, del quale si è tornato a parlare in queste settimane.

Del resto, come si evince, inoltre, dalle Norme Tecniche delle Costruzioni del 2008 (che dovrebbero entro la fine dell’anno essere aggiornate) la criticità principale oggi risiede proprio nelle costruzioni esistenti e, particolarmente, in quelle che – per l’ordinanza del PCM 3274/2003 – sono ubicate nelle prime due aree di massima pericolosità sismica. Con una seconda criticità, poi, non proprio trascurabile: oggi, con le norme vigenti, è obbligatorio provvedere alla valutazione sismica solo degli edifici strategici, ma non lo è per tutti gli altri edifici esistenti.

Come intervenire su di essi, conseguentemente, per accrescerne la sicurezza e nella consapevolezza che per ogni tipologia costruttiva servirà un apposito approccio?

Per il consolidamento delle strutture in muratura è possibile: impiegare cerchiature o cuciture metalliche; ridurre le spinte di archi e volte; ridurre l’eccessiva deformabilità dei solai; incrementare la resistenza nei maschi murari; intervenire in fondazione e applicare giunti sismici.

Per le strutture in cemento armato, invece, è necessario provvedere prioritariamente con delle analisi preliminari che considerino la geometria dell’edificio, le caratteristiche dei materiali, le condizioni di conservazione, la destinazione d’uso. In un edificio si può agire localmente, intervenendo sul singolo elemento strutturale (pilastro, trave), oppure a livello globale. Tra gli interventi a livello locale c’è l’incremento di sezione dell’elemento strutturale e l’aumento delle armature, il confinamento con profilati metallici o il confinamento con FRP.  Si può intervenire anche sulla globalità della struttura attraverso l’inserimento di controventi metallici, l’inserimento di pareti sismo-resistenti, l’isolamento alla base e la dissipazione supplementare dell’energia.

Per le strutture in legno, da preferire per la loro flessibilità, elasticità e capacità di gestione delle oscillazioni dinamiche orizzontali dei terremoti, si può pensare a sistemi per l’irrigidimento attraverso dei sistemi controventati o sistemi di consolidamento di travi e solai. In tal senso, per esempio, potrebbero utilizzarsi sia profilati metallici da sovrapporre e ancorare alla struttura lignea, sia adesivi epossidici di media viscosità, per il riempimento dei fori realizzati nelle strutture in legno da ripristinare.

È altresì possibile utilizzare come strumenti atti alla prevenzione i dissipatori di energia o i giunti strutturali. I primi sono dispositivi che dissipano gran parte dell’energia trasmessa alla struttura durante il sisma, riducendo così le sollecitazioni negli elementi strutturali. I secondi permettono l’interruzione della continuità di un’opera.

Sarebbe raccomandabile, infine, per una corretta analisi globale e, ove fosse necessario, anche un consolidamento geotecnico, conoscere i terreni di fondazione perché non sono tutti uguali e ciascuno ha la propria resistenza meccanica, oltre ad una propria capacità di non amplificare l’accelerazione sismica.

Giuseppe Milano

Raccogliere la sfida della complessità contemporanea sciogliendo il nodo della marginalità spaziale per una nuova riconfigurazione sociale delle città. Con “l’architettura che ha fatto, fa e farà la differenza”. E’ questa la missione della 15esima Mostra Internazionale di Architettura, curata dal Pritzker Architecture Prize 2016 Alejandro Aravena e inaugurata nello scorso fine settimana dal Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini. La nuova edizione della Biennale, “Reporting from the front” (Indagine dal fronte, ossia dalle “periferie del mondo”), con 88 partecipanti provenienti da 37 Paesi, si propone di “ascoltare coloro che sono stati capaci di una prospettiva più ampia e di conseguenza sono in grado di condividere conoscenza ed esperienze, inventiva e pertinenza con chi tra noi rimane con i piedi appoggiati al suolo”, conferendo al suolo lo status di bene comune da non consumare inutilmente e da preservare nella visione sia di salvaguardare il pianeta che ci accoglie sia di impiegare responsabilmente le sempre più limitate risorse naturali. Ne consegue, pertanto, sempre secondo la lettura di Aravena, “che migliorare la qualità dell’ambiente edificato è una sfida che va combattuta su molti fronti, dal garantire standard di vita pratici e concreti all’interpretare e realizzare desideri umani, dal rispettare il singolo individuo al prendersi cura del bene comune, dall’accogliere lo svolgimento delle attività quotidiane al favorire l’espansione delle frontiere della civilizzazione”. Se mette al centro il diritto alla vita e alla città di ogni singolo cittadino, rivoluzionando e stravolgendo il paradigma architettonico ancora vigente e diffuso arbitrariamente da molte archistar basato più sull’estetica che sull’etica, l’architettura diventa “sociale”. Ed è tale “quando non ignora gli ideali e cresce nel confronto continuo con altre pratiche, in un processo di “costruzione di senso” volto a definire categorie comuni quali appartenenza, identità, condivisione, conoscenza”.

Lungo questo binario corre veloce il treno dell’Architettura che caratterizza il Padiglione Italia, nel quale il tratto “sociale” si fonde e si confonde con quello “solidale”. A cominciare dal nome dell’esposizione: “Taking Care – Progettare per il bene comune”. Per questa edizione della Biennale, l’installazione del Padiglione Italia, ospitato come sempre all’Arsenale, è stata realizzata, con cura e raffinatezza progettuale, da Albertani che, coerentemente alle indicazioni “sostenibili” del curatore Aravane, ha impiegato il legno utilizzato per il Padiglione dell’Irlanda ad Expo 2015. Una scelta mirabile, già molto apprezzata dal primo flusso di visitatori della Mostra Internazionale, che aderisce, inoltre, perfettamente, alla visione degli architetti estensori di “Taking Care”. L’esposizione, ispirata dall’idea che l’architettura debba essere al servizio della collettività e dei luoghi della comunità, si sviluppa in tre sezioni: “Pensare”, “Incontrare”, “Agire”.

“Pensare” è una ricognizione del tema del bene comune, sul suo valore e sul rapporto che intesse con lo spazio costruito: un percorso arricchito dal contributo offerto da personalità di diversa provenienza culturale e professionale, per spingere lo sguardo oltre le definizioni correnti. “Incontrare” è una rassegna di 20 progetti di architettura, tutti realizzati da altrettanti studi italiani, in Italia e all’estero. Nell’insieme, essi raccontano di come i soggetti, quando co-autori, possano creare spazi e luoghi utili alla collettività, dando così pari rilievo sia ai processi che all’opera edificata. “Agire”, culmine della mostra, si traduce in un concreto invito all’azione. “Agire” ospita, infatti, gli alias di 5 dispositivi mobili pensati per un intervento diretto in aree di marginalità del nostro Paese.

La periferia, in fondo, come ampiamente testimoniato recentemente anche dalle iniziative di “rammendo” di Renzo Piano, non è soltanto uno spazio fisico: è anche uno spazio mentale e cioè quel luogo di marginalità culturale in cui si è venuta a trovare l’idea stessa dell’abitare. L’architettura potrà continuare ad agire come strumento di contrasto solo se sarà in grado di confrontarsi con questa marginalità.

I 5 moduli carrabili sono stati progettati da 5 studi italiani in collaborazione con 5 associazioni da sempre impegnate in programmi di contrasto al degrado sociale ed ambientale: AIB (Associazione Italiana Biblioteche), Emergency, Legambiente, Libera, UISP (Unione Italiana Sport per Tutti). La democraticità e la spontanea originalità di questa architettura sociale-solidale è testimoniata, inoltre, anche dalla campagna di crowdfunding avviata proprio nell’intenzione di realizzare questi dispositivi mobili e farli diventare, una volta messi su strada, strumenti concreti di tutela e riscatto sociale.

I progettisti dello studio TAMassociati che hanno curato l’allestimento, concludendo, hanno spiegato così le loro scelte: “abbiamo voluto realizzare nella cornice della Biennale una prova tangibile di come l’architettura, con il suo specifico sapere, possa contribuire a diffondere e rendere efficaci i principi di socialità, partecipazione, salute, integrazione, legalità. In qualsiasi luogo e a qualsiasi scala. Con tali principi l’architettura di questo millennio si dovrà sempre più confrontare, per dare una risposta alle sfide che la città e l’ambiente presenteranno non solo agli architetti, ma a tutti i più responsabili “progettisti” del prossimo futuro”.

Giuseppe Milano

Da diversi decenni, nel nostro Paese, a differenza di quel che accade in Europa e nel resto del mondo, imperversa il luogo comune secondo cui le costruzioni in legno non sarebbero sicure, soprattutto in caso di incendio, e ancor più se confrontate con quelle in acciaio o calcestruzzo armato.

Ma è veramente così? No. Non è così. E non può essere così perché la causa principale di un incendio non è mai la struttura, ma gli elettrodomestici o i tendaggi e le stoffe in genere. Per rispondere correttamente a questa domanda, infatti, basterebbe conoscere le proprietà fisiche-meccaniche del legno, materiale naturale per definizione che, anzi, affascina profondamente per la sua versatilità, la sua duttilità, la sua ecologicità. E basterebbe, poi, con un ideale giro del mondo, visitare i Paesi della Scandinavia o alcuni Stati americani che, da decenni, realizzano le loro abitazioni in legno.

Il segreto di questo materiale, quindi, sia nella versione massello sia lamellare, risiede nel fenomeno della carbonatazione per il quale solo quando la temperatura di combustione supera i 240°C inizia un processo di carbonizzazione dello strato più esterno che protegge quello più interno con la sezione resistente che non si riduce se non in tempi lunghi. Con questo comportamento che, quindi, deriva dalle caratteristiche fisiche-meccaniche del materiale: in particolare, la ridotta dilatazione termica, per cui gli elementi strutturali lignei si deformano molto poco; e la bassa conducibilità termica, per cui il legno protegge i connettori metallici e gli impianti inseriti nelle murature lignee. Specificatamente, nel caso di un’essenza molto diffusa come l’abete, la velocità di penetrazione della carbonatazione è di 0,7 mm/min per legno lamellare e 0,9 mm/min per il legno massello.

Tale esempio, dunque, contribuisce a fotografare nitidamente la realtà: il collasso delle strutture in legno per incendi è una probabilità remota, potendo avvenire solo per la progressiva riduzione della sezione, dall’esterno verso l’interno e in tempi decisamente lunghi, e non per il decadimento delle caratteristiche meccaniche o per i cedimenti vincolari dovuti alla deformazione delle strutture come avviene per l’acciaio e il calcestruzzo. Sulla base del Decreto del Ministero dell’Interno del 9/3/2007, nel quale vengono definite sia la resistenza sia la reazione al fuoco, perciò, possiamo asserire che edifici realizzati sia in legno massello sia in legno lamellare garantiscono un R.E.I. (classe di resistenza meccanica al fuoco espressa in minuti) pari o addirittura superiore alle strutture in muratura o in calcestruzzo armato: con R indicante la stabilità (attitudine di un elemento da costruzione a conservare la resistenza meccanica sotto l’azione del fuoco); con E indicante la tenuta (attitudine di un elemento da costruzione a non lasciar passare né produrre – se sottoposto all’azione del fuoco su un lato – fiamme, vapori o gas caldi sul lato non esposto); e con I indicante l’isolamento termico (attitudine di un elemento da costruzione a ridurre, entro un dato limite, la trasmissione del calore).

Per determinare, conseguentemente, il requisito della resistenza al fuoco si possono seguire fondamentalmente due tipi di approcci, uno prescrittivo basato sulle normative antincendio studiate in relazione alle differenti possibili utilizzazioni, ed uno prestazionale basato sull’applicazione di modelli di calcolo decisamente complessi. Chiariti questi aspetti legislativi, il passaggio dall’aspetto normativo a quello applicativo è immediato.

Negli ultimi anni, fortificato anche dal notevole progresso tecnico-tecnologico raggiunto e sostenuto nei suoi crescenti usi da una consapevolezza ambientale maggiore, il legno lamellare ha avuto un grande successo. Il legno lamellare è un materiale composito, costituito essenzialmente da legno naturale, che attraverso un procedimento tecnologico di giunzione e incollaggio a pressione riduce i difetti propri del legno massiccio, garantendo una buona capacità resistente, leggerezza e ottime prestazioni termo-acustiche.

Le proprietà del legno, precedentemente descritte, sono ulteriormente enfatizzate in quello lamellare che, infatti, presentando sezioni trasversali di non ridotte dimensioni, fornisce elevate garanzie in caso di incendio, ma anche in caso di sisma. Il legno lamellare, già impiegato per serramenti e porte-finestre, oggi è impiegato anche nella realizzazione di grandi strutture come auditorium o piscine proprio per i benefici assicurati dalle sue caratteristiche che lo rendono materiale altamente performante e decisamente duttile. Oltre che eco-compatibile e riciclabile, a differenza del calcestruzzo armato e dell’acciaio.

Nella speranza che i suoi usi possano crescere progressivamente e possa, conseguentemente, crescere la consapevolezza da parte dei professionisti e dei committenti sulla bontà di questo materiale per evitare che, in futuro, possano imporsi ancora nuovi pregiudizi e luoghi comuni.

Giuseppe Milano

Versatile e duttile. Resistente e performante. Elegante ed intrigante. Il legno, nonostante sia da decenni periodicamente messo in discussione soprattutto per le sue caratteristiche strutturali che non lo renderebbero competitivo rispetto al calcestruzzo e all’acciaio, riesce sempre, alla fine, ad imporre il suo credo. E il suo fascino. Riuscendoci oggi, ancor più, in uno scenario internazionale nel quale è fondamentale coniugare insieme le ragioni della qualità con quelle della sostenibilità; nel quale occorre saldare le dimensioni economiche ed ecologiche; nel quale, inoltre, bisogna saper frequentare la modernità unendo la memoria della tradizione con l’utopia dell’innovazione. Per questo, durante il Salone del Mobile di Milano del 2010, l’architetto Matteo Thun ha dichiarato che “il legno è il materiale del XXI secolo ed essendo l’unico materiale da costruzione rigenerabile non è più possibile immaginare il design e l’architettura senza di esso”. Usare il legno in edilizia, peraltro, significa mettere in moto una filiera virtuosa che va decisamente incontro alle richieste delle politiche europee di salvaguardia del pianeta e di controllo dei cambiamenti climatici. Il legno, del resto, è l’unico materiale edile rinnovabile e riciclabile; ha una buona resistenza meccanica; una bassa conducibilità termica; una buona capacità adsorbente e riflettente delle vibrazioni acustiche; non è tossico e neutralizza le emissioni di CO2. Non solo, quindi, edifici residenziali monofamiliari, ma oggi il legno – supportato e corroborato nei suoi molteplici usi dalle più evolute tecnologie industriali – può essere impiegato per edifici “torre”, per auditorium e padiglioni, per musei e mercati. Nel segno della leggerezza, ma anche dell’eleganza architettonica, vediamo alcuni esempi, tra i tanti distribuiti in Europa e nel mondo.

Svezia. Ad oggi è solo un progetto fortemente d’avanguardia, ma il grattacielo “Wooden Skyscraper” – atteso per il 2023 – potrebbe far diventare la città di Stoccolma, e il suo quartiere Marieberg, la sede della torre in legno più alta del mondo, con i suoi 34 piani. Realizzata interamente in legno, con alcune parti della struttura in cemento armato. Le ampie vetrate isolanti, i giardini pensili, i pannelli solari sul tetto e il sistema di raccolta delle acque piovane faranno del grattacielo di legno di Stoccolma un evoluto esempio di bioarchitettura ad alta efficienza energetica e a bassi consumi. Nella volontà di diffondere ulteriormente la consapevolezza che il legno non è solo un materiale da costruzione solido e flessibile, ma anche resistente e versatile. Un materiale, assolutamente rinnovabile ed eco-compatibile, che oggi, opportunamente trattato, resiste più a lungo agli incendi e all’umidità.

Finlandia. Pur essendo da tempo un materiale ampiamente utilizzato, il complesso residenziale Puukuokka è il primo esempio di edificio da 8 piani realizzato in Finlandia. Primo volume di una triade di architetture sostenibili, alla fine dell’intervento si prevedono 150 nuove unità residenziali su un’area complessiva di 10.000 mq. I blocchi sono stati realizzati con moduli cubici prefabbricati in legno CLT, avvalendosi del sistema Urban MultiStory sviluppato da Stora Enso. La scelta di adottare soluzioni prefabbricate ha offerto al contempo abitazioni a costi contenuti, ecosostenibili e adattabili ai mutamenti delle esigenze abitative nel tempo. Anche per la facciata è stato utilizzato il medesimo principio. Il corridoio centrale è l’unica parte del complesso realizzata in loco, una scelta che ha accorciato le tempistiche a soli sei mesi, un aspetto fortemente positivo dato il contesto climatico della Finlandia. Tutto questo ha reso possibile il raggiungimento di un livello qualitativo nel risultato finale superiore a quanto ottenibile con i metodi tradizionali.

Azerbaigian. Il padiglione del Paese caucasico all’Expo di Milano, progettato dallo studio Simmetrico, propone una rappresentazione dell’architettura come energia positiva e propositiva, tesa all’armonizzazione e alla protezione delle differenze. Gli elementi architettonici iconici, le biosfere e le pareti ondulate, sono state concepite per rappresentare metafore naturali e culturali. Le biosfere sono metafora del sistema-paese nel quale elementi differenti convivono in perfetto equilibrio, originando crescita e sviluppo. Il louver, una “pelle” in legno, che si sviluppa sui lati più lunghi del padiglione come un involucro protettivo, racconta la metafora del vento, elemento caratteristico del Paese che abbraccia e protegge l’Azerbaigian, rappresentando i flussi culturali che da sempre lo attraversano. Oltre alla varietà spaziale, infine, la luce e la trasparenza sono tra le principali scelte su cui poggia l’architettura del padiglione. Scelte che garantiscono l’eccezionalità richiesta per la rappresentazione dell’evento, pur mantenendo forme utili anche a sostenere il bilancio energetico dell’edificio.

Spagna. Il Metropol Parsol nasce, a Siviglia, con l’obiettivo di riqualificare e rifunzionalizzare l’antica Plaza de la Encarnacion. La piazza, che sorge sull’incrocio tra il cardo e il decumano della città romana, è stata per secoli la sede del più grande mercato cittadino prima di venire abbandonata nel 1973 dopo la demolizione dello stesso mercato. La struttura, progettata dall’architetto tedesco Jürgen Mayer, si sviluppa su cinque livelli, di cui uno seminterrato, e accoglie diverse funzioni cittadine. La struttura, oggi nuova icona della città andalusa, è totalmente incorniciata da una serie di “ombrelloni” in legno che le conferiscono un aspetto completamente astratto. La mega struttura di reticoli in legno – lunga circa 150m, profonda 75m e alta 28m – è disposta su un griglia ortogonale di 1,50m x 1,50m e poggia su soli sei supporti. Per contenere le spese di realizzazione, sulla base delle evidenze progettuali elaborate dallo studio Arup, è stato deciso di sviluppare la struttura in un legno micro-laminato (Kerto), protetto dagli agenti esterni grazie a un rivestimento in poliuretano resistente all’acqua.

Giuseppe Milano