Nei secoli passati le biblioteche sono state considerate e progettate esclusivamente come luoghi per contenere e custodire libri, preziosi tesori dal valore inestimabile, ed alle quali avevano accesso soltanto in pochi: questi fortunati erano soprattutto i monaci amanuensi addetti alla copiatura dei volumi che, negli anni, sono stati tramandati fino ai giorni nostri. Oggi invece questi edifici hanno acquisito nuove funzioni e valori: da semplici luoghi di conservazione e studio dei testi, sono diventati veri e propri centri di vita. Sempre più spesso infatti, hanno come principale ruolo quello di individuare nuove polarità all’interno dei tessuti urbani, soprattutto di quelli meno consolidati delle periferie o delle aree di espansione più recente, e di contribuire alla definizione dell’identità di queste realtà più giovani. Ecco quindi che questi rifugi di silenzio e riflessione si sono via via trasformati in veri e propri centri di scambio e di condivisione di cultura, relazioni sociali, esperienze, attività.

Multifunzionalismo. Di pari passo con questi cambiamenti e con la galoppante evoluzione dei sistemi di comunicazione, le biblioteche hanno cominciato anche ad essere dotate delle tecnologie, sempre più numerose e sempre più complesse, finalizzate a rendere fruibile materiale non più solo cartaceo ma multimediale. Questa differenziazione e moltiplicazione delle esigenze e delle funzioni ha, a sua volta, portato con sè maggiori complessità e varietà degli spazi necessari per la consultazione di libri e di materiali audio-visivi, per lo studio, per l’accesso alle banche dati on-line, per la navigazione web, ma anche ambienti riservati ai bambini, per attività creative ed aule relax per gli scambi interpersonali.

L’architettura della biblioteca oggi. Pertanto anche l’architettura della biblioteca, sottoposta a questi nuovi e numerosi input, deve necessariamente confrontarsi con queste trasformazioni e, così come per le abitazioni, anche per questi edifici negli ultimi anni la strada che sempre più spesso i progettisti scelgono di intraprendere, è quella della sostenibilità e del legno. Nei tempi recenti sono soprattutto due i progetti, ora realizzati, che, da questo punto di vista hanno attirato l’attenzione: quello della Liyuan Library e quello noto come “The Pinch”, entrambi in Cina.

Liyuan Library, Villaggio di Huairou, 2011. Questo edificio è stato realizzato ad Huairou, un piccolo villaggio alla periferia di Pechino, la cui nota distintiva è all’interno di un contesto di elevata qualità paesaggistica: la zona si caratterizza infatti per la ricca presenza di vegetazione e di corsi d’acqua. Per questo i progettisti (Li Xiaodong Altelier), hanno ideato un edificio in grado di fondersi con l’ambiente circostante e di garantire, nello stesso tempo, la sostenibilità attraverso l’impiego dei materiali del luogo.

L’edificio si configura come un volume estremamente semplice, definito da ampie superfici vetrate rivestite esternamente da piccoli rami in legno grezzo, molto ravvicinati, e che fungono, nel contempo, anche da frangisole: in questo modo la luce penetra all’interno in maniera uniforme, garantendo le condizioni di illuminazione ottimali per le attività di lettura.

Anche gli interni sono realizzati interamente in legno, utilizzato sia per il rivestimento di pareti e solai, sia per gli elementi di arredo: si caratterizzano per la distribuzione degli ambienti su livelli differenti, collegati da scale la cui peculiarità è quella di poter essere utilizzate anche come sedute o ripiani per l’alloggiamento dei volumi.

The Pinch, Villaggio di Shuanghe, 2014. Al di là degli aspetti strettamente funzionali, questo edifico, anch’esso realizzato in Cina, simboleggia la rinascita del villaggio, e della comunità qui risiedente, dopo il terremoto che nel 2012 l’ha raso al suolo. Il progetto, che ha visto la partecipazione dell’Università di Hong Kong, è stato pensato come biblioteca e come centro di aggregazione rivolto soprattutto ai bambini ed è sorto a ridosso del muro di contenimento che definiva la piazza del villaggio, in realtà uno spazio rimasto vuoto dopo il terremoto ed in attesa di essere, un giorno, ricostruito.

Per riunire, sia fisicamente sia simbolicamente, le diverse zone, i progettisti hanno dato vita ad un edificio che, letteralmente, funge da ponte tra il livello più alto del villaggio (quota + 4,00 m, dove si trovano le nuove abitazioni ricostruite) e quello più basso della piazza: il risultato è un’architettura caratterizzata da una copertura calpestabile in legno che può essere utilizzata sia come parco giochi (come parete da scalare o come scivolo) sia come terrazza per la lettura all’aperto.

L’edificio presenta una struttura in legno, rivestita da doghe ed impermeabilizzata all’interno da fogli di alluminio. L’ingresso della luce è consentito dalla presenza di grandi aperture in policarbonato.

Nuova biblioteca della Temple University, Philadelphia, 2018. Quest’ultimo esempio è un progetto ancora su carta e che, presumibilmente, vedrà la luce nell’autunno 2018 circa. Si tratta della nuova biblioteca del campus della Temple University di Philadelphia ed è già stata annunciata come una vera e propria celebrazione dell’architettura in legno oltre che come dimostrazione delle possibilità che questo antico – nuovo materiale offre in ambiti anche molto diversi (per esigenze e dimensioni) da quello dell’edilizia residenziale. A differenza dei due esempi precedenti, infatti quest’ultimo avrà dimensioni molto maggiori, calibrate in funzione di quelle del campus, al cui interno orbitano circa 38.000 persone.

Il progetto, opera dello studio norvegese Snøhetta, è pensato come uno spazio in grado di stimolare la circolazione, lo scambio e la condivisione di persone, relazioni ed idee. Si configura come un volume compatto rivestito in pietra (che richiama i materiali locali) e con grandi vetrate, con l’ingresso messo in evidenza da un arco in legno. Quest’ultimo sarà il materiale dominante negli spazi interni, caratterizzati da pareti curve e forme sinuose rivestite da listelli.

 

Elena Ottavi

Il legno è materia nobile e strana, non è più terra e carne non è ancora; è come il latte che non è sangue ma è già più che acqua.

Con le sue molteplici proprietà di materiale organico, dalla capacità di isolamento e accumulo termico, al controllo igrometrico, fino alle ottime performance in caso di incendio e di terremoto, il legno non ha rivali tra i materiali da costruzione, è ormai considerato il futuro.

L’interesse per le case in legno è sempre più diffuso in tutto il mondo. Tendenza alimentata dal fatto che questo materiale possa essere di provenienza locale o di recupero, agevolando un approccio sostenibile e innovativo. Senza considerare la possibilità di realizzare strutture modulari e flessibili e alla capacità di integrarsi con la natura.

Abitare in una casa in legno, prefabbricata o no, è oggi il sogno di molti. Soprattutto quando si pensa a case vacanza sul mare o di case eco-friendly immerse nel silenzio e nella natura.

Per motivi legati al benessere abitativo e, persino, al risparmio economico, anche in città, il legno è scelto come materiale naturale in cui vivere.

Dalla Svezia al Giappone, passando per l’Italia ecco una rassegna di sei case total wood sostenibili e sicure, da cui lasciarsi ispirare.

Alpine Barn Apartment by Ofis Arhitekti

In un piccolo villaggio della Slovenia si trova un ex fienile in disuso trasformato da Ofis Arhitekti in residenza estiva. Mantenendo le travi lignee a vista originali lo studio ha optato per un rivestimento interno in abete chiaro. In tutti gli ambienti il legno di abete rosso spazzolato la fa da padrone, dagli arredi ai pavimenti, alle pareti.

Naust paa Aure by TYIN Tegnestue 

Con vista sui fiordi, in Norvegia, il progetto firmato TYIN Tegnestue. Questa boathouse nasce dall’idea di ristrutturazione di un piccolo rifugio dell’800 in legno situato sulla costa. La rilettura dei progettisti privilegia la flessibilità degli spazi, i materiali naturali e il basso impatto ambientale. E per ottenere questo non c’è niente di meglio del legno.

Haus für Julia und Björn by Architekten Innauer Matt 

La casa progettata da Innauer Matt ad Egg, in Austria, rappresenta, invece, un esempio del mix fra ricerca di privacy e sapiente uso del legno che riveste l’intera abitazione, restituendo l’immagine accogliente del rifugio. Completando il piccolo borgo, la casa dialoga armonicamente con le altre abitazioni esistenti. L’involucro è composto da una struttura reticolare in listelli di legno, disegnata come un tessuto su misura, capace di nascondere o rivelare dettagli.

Triangular Villa by Leo Qvarsebo Arkitekt

La forma triangolare di questa casa progettata per la sua famiglia dall’architetto Leo Qvarsebo a Västerbyn, in Svezia, realizzata interamente in legno, si riflette anche negli spazi interni.

Questi gli ingredienti di una singolare ricetta: rivestimento interno in pannelli di compensato di pino svedese, arredi minimal della stessa essenza e tetto appuntito che scende fino a terra

House in Hanekita by Katsutoshi Sasaki + Associates

Nella cittadina giapponese di Okazaki, nella prefettura di Aichi, lo studio Katsutoshi Sasaki ha concepito un progetto sulla base di tre relazioni principali, quella fra la casa e l’area circostante, quella fra le case di due famiglie, e quella fra spazio pubblico e spazio privato. Anche in questo caso l’uso del legno consente di ottenere spazi che si legano tra loro in assoluta flessibilità.

Jubilee by Albertani 

L’aspetto naturale di questo materiale lo rende, inoltre, seducente per gli architetti che sempre di più si cimentano nella progettazione di case in legno, l’estetica delle quali risulta particolarmente apprezzata.

Albertani, che ha sempre rivolto massima attenzione all’estetica e al design, riesce a combinare eleganza, tecnologia e basso impatto ambientale in tutte le sue realizzazioni, personalizzabili in base ai desideri del committente più esigente.

Il progetto Jubilee si distingue per il mix di elementi classici e moderni. Parte della facciata bianca è rivestita in legno di larice, che dialoga con i serramenti in alluminio antracite e con le tegole del tetto a falda.  All’interno open space e spazi chiusi sono connessi dalla scala in rovere, che separa sala da pranzo e cucina dal living, mentre al piano superiore diventa arredo e non solo ingombro, con accesso alla zona notte.

 

Valentina Ieva

Davanti alla domanda di ampliare gli spazi domestici, ma contestualmente di non consumare vanamente nuovo suolo urbano (fenomeno che per l’Ispra avverrebbe alla velocità di circa 7 mq/sec), la risposta tecnica migliore, oggi sempre più diffusa, è nella sopraelevazione. Questa soluzione, idonea sia per edifici residenziali sia terziari e che non richiede nuove opere di urbanizzazione perché sfrutta quelle già esistenti, può essere realizzata con diverse modalità. Non solo con diversi materiali, ma anche con diversi elementi architettonici.

A seconda delle esigenze dell’utente che godrà dell’intervento di restauro e ampliamento. E nel quale, inoltre, andrebbero considerati anche i benefici energetici derivanti da un intervento edilizio simile, orientato ad accrescere la vivibilità domestica. Tra le possibilità oggi disponibili, quindi, l’unica capace di saldare, contemporaneamente ed efficacemente, la dimensione della sostenibilità ecologica-economica con quella della rapidità della realizzazione, è la sopraelevazione in legno. Con questa ipotesi che risulterà particolarmente performante se nascerà dalla prefabbricazione e sarà attuata con interventi a secco.

In principio, quando parliamo di sopraelevazione dobbiamo riferirci ad una estensione verticale dello spazio, ossia all’aggiunta di almeno un piano posto sul solaio di copertura di un edificio. Con questa trasformazione edilizia favorita dal Governo e dalle Regioni mediante i vari “Piani Casa” adottati che consentirebbero, stante alcune condizioni e le disposizioni urbanistiche vigenti, un aumento della volumetria del 20%. Un incremento notevole che, tuttavia, può conseguirsi dopo aver ottemperato ad alcune prescrizioni normative.

Secondo le attuali Norme Tecniche delle Costruzioni (Ntc: DM del 14/01/2008), infatti, essendo necessaria la verifica delle caratteristiche statiche e strutturali del solaio che dovrà sopportare il nuovo peso dato dalla sopraelevazione, è obbligatorio procedere alla valutazione della sicurezza e, ove necessario, progettare l’adeguamento sismico dell’intera struttura esistente. Con una attenzione, evidentemente alta, e un livello di progettazione altrettanto accurato, per tutti quegli edifici costruiti entro la fine degli anni ’80 del secolo scorso, quando era in vigore una altra normativa antisismica.

Per le sopraelevazioni, pertanto, dovranno essere garantite, rispetto ai vari stati limite, le prestazioni di resistenza, duttilità e deformabilità. Nei condomini, per esempio, questa possibilità, agli aventi diritto, sarebbe preclusa ove sussistesse il rischio di un danno statico ai piani inferiore o di compromettere l’estetica dell’involucro edilizio. Noti i benefici del legno – leggerezza e sicurezza, elasticità e flessibilità – è prassi, sempre più diffusa, impiegare questo affascinante e resistente materiale naturale e riciclabile per realizzare queste opere di sopraelevazione.

Non trascurando, inoltre, la capacità del legno di garantire un elevato comfort termo-igrometrico e un elevato isolamento termo-acustico. Riassumendo, perciò, possiamo elencare i numerosi vantaggi assicurati da una prefabbricata sopraelevazione in legno realizzata a secco (con pannelli XLam):

  • Velocità di posa, in confronto con l’edilizia in muratura, con risparmio di tempo e di risorse (con cantiere chiuso anche in poche settimane se la superficie da realizzare è modesta);
  • Alta capacità di portata attraverso una struttura leggera;
  • Alta efficienza energetica;
  • Comfort igroscopico e isolamento termo acustico;
  • Intervento a secco che limita pericolose vibrazioni e sollecitazioni dinamiche sull’edificio esistente;
  • Disagi ridotti con l’edificio da ampliare che resta abitabile e le nuove volumetrie rapidamente fruibili;
  • Cantiere “ecosostenibile” dovuto alla scelta del legno e della tecnologia della prefabbricazione con montaggio all’avanguardia che non produce polveri e rifiuti speciali.

Questi interventi, concludendo, quindi non solo dal punto di vista economico – secondo alcune stime si potrebbe spendere fino ad un massimo di 1400 E/mq – ma anche ecologico oggi rappresentano la migliore soluzione tecnica per tutti quelli che avrebbero la possibilità e desidererebbero ampliare i propri spazi domestici, non rinunciando al comfort e alla qualità.

Giuseppe Milano

La crisi dell’economia e, conseguentemente, dell’edilizia, nel nostro Paese, può dirsi superata? È ancora presto, forse, per dirlo con certezza, ma quel che, invece, possiamo asserire con fermezza è che il paradigma delle costruzioni, da questa crisi che è soprattutto sistemica, ne uscirà rinforzato. Rinnovato e migliorato. Potrebbe sembrare paradossale, tanto più per un settore industriale per anni avverso all’innovazione dei suoi processi, ma così non è.

La casa, per la cultura italiana, continuerà ad essere sempre il “bene rifugio”, con la sua valenza simbolica, ma sempre più, proprio per una graduale e radicale “conversione ecologica” del pensiero dei cittadini italiani, il principale spazio del nostro vivere quotidiano sarà portatore di una sua potenza ecologica. Con il legno nel ruolo di “top player” in questa partita della sostenibilità edilizia, nella quale non è trascurabile l’elemento dell’economicità delle abitazioni realizzate con questo materiale.

Le costruzioni in legno, in modo particolare quelle prefabbricate, non sarebbero, pertanto, preferibili soltanto per ragioni ambientali, ma anche economiche e pratiche. Il legno, come già ricordato in altri articoli pubblicati su questo blog, è un materiale naturale versatile ed eclettico, dalle numerose proprietà, fisiche e meccaniche. Non solo è un materiale rinnovabile e riciclabile, con una sua flessibilità ed elasticità, ma reagisce meglio alle sollecitazioni sismiche e alla combustione. Il legno, tuttavia, sia lamellare sia massiccio, con l’apporto delle nuove tecnologie che ne stanno implementando la resistenza e la funzionalità nei contesti naturali più diversi, sta diventando sempre più concorrenziale e alternativo alle costruzioni tradizionali in cemento o muratura.

Tra il 2014 e il 2015, come ha documentato uno studio di FederlegnoArredo, “sono state ultimate nel nostro Paese 3.025 costruzioni in questo materiale, per un fatturato complessivo di 658 milioni”. Queste edificazioni, ad oggi, sono principalmente concentrate nel Nord del Paese, ma si stanno diffondendo anche nelle altre regioni centrali e meridionali. Dallo studio, inoltre, sembra emergere un altro dato significativo. Se in passato, infatti, le costruzioni in legno erano ideate principalmente per soddisfare un’esigenza residenziale, oggi, iniziando a crollare i “luoghi comuni”, con questo materiale si iniziano a realizzare architetture industriali o commerciali o sociali (come impianti sportivi o scuole di ogni ordine e grado).

La diffusione, si diceva, è oggi dettata anche da dinamiche economiche e pratiche. Secondo l’ex presidente di CasaClima Norbert Lantschner, per l’ottimizzazione dei servizi di raffrescamento estivo e di riscaldamento invernale propri di una casa in legno adeguatamente coibentata e integrata dagli idonei impianti, con una simile tipologia edilizia si potrebbero risparmiare fino a 2000 euro/anno. Si possono richiedere, inoltre, finanziamenti a tasso agevolato per nuove edificazioni e utilizzare i bonus fiscali introdotti dalla Legge di Stabilità 2016 per interventi di ristrutturazione, con la soglia aumentata dal 55% al 65% nell’ottica di un efficientamento energetico del patrimonio edilizio.

Ben inferiore a quanto si spenderebbe per una soluzione tradizionale in cemento e muratura. Con questa ipotesi decisamente più impattante dal punto di vista ambientale (si pensi alla produzione dei materiali da cantiere e al loro trasporto, mentre la prefabbricazione avviene in azienda e in sito viene portato solo cosa deve essere montato). E temporale: le costruzioni in cemento o muratura, nella stragrande maggioranza dei casi e per quanto i lavori possano essere realizzati a regola d’arte, non rispettano i tempi e i costi originariamente stabiliti dai diversi protagonisti del processo edilizio. Richiedendo una durata, per i lavori di nuova costruzione, di almeno due anni.

Queste variazioni o deroghe, con la prefabbricazione, non si materializzano. Una casa in legno “chiavi in mano”, oggi, realizzabile anche in formato personalizzato da parte delle aziende più innovative come Albertani Corporates che mettono al centro le esigenze anche estetiche da soddisfare dei loro clienti, è pronta, infatti, in cinque-sei mesi.

La prefabbricazione in legno, come rivelano diverse indagini di mercato e numerosi operatori della filiera, concludendo, non è più un settore di nicchia. Per pochi. Sta diventando sempre più la soluzione ideale al nostro desiderio di vivere, anche nelle nostre città sempre più caotiche e confuse, in case comfortevoli, eleganti, salubri e rasserenanti.

Giuseppe Milano

Se da un lato il crescente interesse per gli aspetti legati alla tutela dell’ambiente e delle sue risorse ed alla riduzione dei consumi (e, di conseguenza, dei costi) rappresenta uno dei principali incentivi allo sviluppo del settore delle costruzioni in legno, dall’altro permangono quelle diffidenze che parte del “pubblico” continua a mostrare nei confronti di questo tipo di realizzazioni. Sono tanti quelli che si mostrano ammirati nei confronti di chi, con “coraggio ed audacia”, sceglie di realizzare ex novo o di ristrutturare la propria abitazione impiegando il legno come materia prima, ma che, al momento di scegliere per se stessi, preferiscono lasciarsi rassicurare dalle sirene delle tecniche tradizionali. Questo nonostante la comprovata sostenibilità degli edifici in legno (argomento già ampiamente approfondito all’interno di questo blog), la loro dimostrata superiore efficienza sotto il profilo energetico, il maggiore benessere che l’impiego di questo materiale conferisce agli spazi per abitare. A ciò si aggiungono inoltre i vantaggi dal punto di vista economico, dal momento che tali costruzioni oltre ad assicurare un ottimo rapporto qualità-prezzo, sono anche realizzabili in tempi molto più brevi.

A questi dati, verificati e documentati, fanno a volte da contraltare alcuni aspetti di natura estetica: il “pregiudizio” che molto spesso accompagna le case in legno è infatti quello che ce le fa vedere ed immaginare come simili a tante piccole baite di montagna, interamente rivestite in legno sia dentro che fuori, con il tetto a due falde ed il pavimento che scricchiola! Ma la realtà è ben diversa! Innanzitutto per la possibilità di impiegare sistemi costruttivi differenti ed adattabili alle diverse esigenze (Xilam, parete-telaio, Blockhaus, ecc.) e che, in ogni caso, non vincolano committenti e progettisti a scelte materiche, estetiche e di design prestabilite. La progettazione di abitazioni in legno non si pone pertanto come un problema con una soluzione unica, ma, al contrario, consente di adattarsi in funzione delle singole esigenze e di dare forma concreta ai desideri di chi andrà a viverci.

Tale libertà riguarda sia le scelte planimetriche e volumetriche, sia quelle relative alle finiture esterne ed interne. Le case in legno, infatti, possono sì presentarsi in total wood, ma non necessariamente: i rivestimenti possono essere realizzati anche in pietra o ad intonaco a seconda delle preferenze estetiche e progettuali, pur mantenendo tutte le ottime prestazioni tecniche che la struttura in legno garantisce. Sotto tale profilo, risultano particolarmente dimostrativi i numerosi e differenti esempi delle realizzazioni Albertani Corporates: ci sono infatti case in legno finite in legno, ad intonaco, in pietra, miste.

Lo stesso vale per le finiture interne e per le scelte nell’ambito dell’arredamento: non ci sono “stili” prestabiliti o ragioni per cui i futuri abitanti debbano, in qualche modo, sentirsi vincolati. Per cui spazio alla fantasia, al linguaggio estetico ed al design che più ci piacciono, compresi quelli di matrice più contemporanea ed apparentemente “lontani” ed in contrasto con un materiale antico come il legno. Si può optare per interni minimal, dalle linee semplici ed essenziali, o per stili un po’ più leziosi, romantici e dal sapore vintage come quello provenzale, meglio noto alle cronache come shabby chic, di grande tendenza negli ultimi anni. Oppure, a metà strada tra i due, ci si può orientare verso le scelte un po’ più moderate ispirate allo stile scandinavo, portato alla ribalta in quasi tutto il mondo dalle grandi multinazionali dell’arredamento del Nord Europa: in questo caso semplicità e funzionalità sono elevate alla massima potenza senza tuttavia ricadere nella rigidezza e nella freddezza.

A dimostrazione della cura che molte delle aziende operanti nel settore dell’edilizia residenziale in legno riservano al design vi è la collaborazione tra la stessa Albertani Corporates e Giugiaro Design. Il risultato è stato l’elaborazione di un modulo abitativo di circa 120 mq distribuiti su due livelli ruotati l’uno rispetto all’altro: ne deriva un impianto planimetrico a croce, a sua volta inscritto all’interno di un rettangolo in cui trovano collocazione anche ampi spazi porticati. Il committente, nonchè futuro abitante, ha la possibilità di “personalizzare” gli ambienti (interni ed esterni) in cui andrà a vivere, combinando i diversi allestimenti disponibili e decidendo il colore del tetto e la finitura delle pareti esterne (intonaco, legno o pietra).

 

Elena Ottavi

Nonostante sia ancora flebile il “suono” della ripresa economica, alcuni indicatori rivelerebbero una nuova predisposizione degli italiani a investire nel mercato delle abitazioni. A differenza del passato, però, emergerebbe una doppia tendenza, di stampo ecologico: o nuove abitazioni realizzate con materiali eco-compatibili o vecchie abitazioni riqualificate secondo i criteri della cosiddetta bio-architettura.

Nella consapevolezza, sempre più diffusa, che il processo edilizio è responsabile di almeno il 35% di emissioni di CO2 e che, quindi, occorra necessariamente una rivisitazione degli attuali dettami per una edilizia più efficiente e più “ambientalmente” sostenibile, il legno sta sempre più assumendo il ruolo di protagonista tra gli elementi costruttivi sin dalla fase di progettazione. È  infatti già nella fase preliminare che possono essere individuate le migliori soluzioni finalizzate alla realizzazione dell’architettura più funzionale alle esigenze del cliente.

Inoltre, per ottenere il risultato più performante, sia dal punto di vista tecnico-funzionale, che da quello economico (soprattutto per quanto riguarda la gestione dell’involucro edilizio), si stanno affermando, seppur gradualmente, le soluzioni prefabbricate, capaci di coniugare qualità progettuale e  innovazione ambientale.

Una soluzione prefabbricata in legno, infatti, non consente solo di avere abitazioni nelle quali sia il raffrescamento estivo sia il riscaldamento invernale non rappresentano per l’utente una criticità, attraverso l’adozione di un sistema integrato di tecnologie; ma anche di prevedere, con una certa accuratezza, i tempi di consegna dell’immobile, che sarà realizzato molto più rapidamente rispetto ad una costruzione tradizionale in muratura o in cemento.

Una casa prefabbricata in legno, pertanto, con questo materiale ormai sempre più certificato perché proveniente da foreste nelle quali ad ogni albero tagliato corrisponde un nuovo albero piantato, è anche una casa “amica dell’ambiente” perché riduce, di quasi l’80%, le emissioni in atmosfera, se progettata e realizzata a regola d’arte. Questa percentuale può raggiungere quasi il 100% se prevede il rispetto del protocollo “Passivhaus” (Casa Passiva) per il quale, anche e soprattutto con fonti rinnovabili, si produce più energia di quanta ne è necessaria per il suo funzionamento e applicando, in tal modo, anche la normativa europea che impone per l’edilizia pubblica e privata, entro il 2020, la conversione ecologica-energetica dell’intero patrimonio edilizio esistente. In questo risoluto scenario, si inserisce, con tutto il suo notevole know-how progettuale e professionale, l’azienda Albertani Corporates.

Non poche, del resto, le costruzioni progettate e realizzate nell’ultimo decennio, con la visione sia di soddisfare i suoi clienti con architetture eco-compatibili dalla grande vivibilità, sia di rispettare l’ambiente nel quale siamo tutti corresponsabilmente chiamati ad agire. E tra i modelli che possono essere citati a modello individuiamo “Casa Stoppada”.

Casa Stoppada. È questa una residenza privata realizzata nel Parco Naturale del Campo dei Fiori a Varese. La sua ubicazione ne ha fortemente ispirato e condizionato, per i vincoli paesaggistici presenti, la progettazione e la realizzazione, non inficiandone la qualità che, anzi, è stata sottolineata attraverso le diverse soluzioni previste. Di forma semplice e compatta, con copertura a capanna in una rievocazione delle vecchie cascine rurali, questa architettura prefabbricata in legno dispone di alte ed ampie aperture verticali che garantiscono un’ottima illuminazione naturale.

Il rischio di avere una abitazione particolarmente predisposta al suo surriscaldamento, conseguentemente, è stato eliminato dall’adozione di un sistema oscurante con lamelle in alluminio totalmente a scomparsa. È stato studiato, inoltre, l’orientamento per favorire la ventilazione naturale degli ambienti e, rispetto ad esso, la parete esposta a sud-ovest è stata progettata e realizzata con un sistema di ventilazione ad effetto camino.

All’interno, invece, riprendendo lo schema materico assunto per le pareti esterne di tompagno, sono stati applicati pavimenti in larice oliato capaci di trasferire una percezione di sicurezza e di accoglienza per una abitazione assolutamente vivibile e comfortevole. La scala, che conduce al piano superiore, è realizzata, infine, in cemento armato con pedate rivestite in pietra, con il materiale recuperato dalle vicine valli ossolane.

Giuseppe Milano
 

L’architettura delle chiese solitamente richiama ai nostri occhi le immagini dei grandiosi e monumentali edifici in pietra che, a partire dal Medioevo, hanno cominciato ad abbellire le città europee ed a diventarne centri politici, economici e culturali. In proporzione alla quantità di potere che una chiesa e la comunità ad essa riferita detenevano, crescevano anche le dimensioni dell’edificio, la preziosità dei materiali impiegati, la fama degli artisti e delle maestranze chiamate a partecipare al cantiere.

Ci sono tuttavia alcune aree dell’Europa che ospitano chiese “diverse” e la cui architettura si discosta dall’immagine tradizionale che noi ne abbiamo: si tratta delle chiese in legno che caratterizzano il paesaggio dell’entroterra norvegese e della regione dei Carpazi (soprattutto nel Sud della Polonia e in Slovacchia). Le prime sono dette stavkirke ed hanno fatto la loro comparsa a partire dal periodo intorno all’anno 1000 d.C. circa: delle oltre mille che sono state documentate nel corso della storia, sono solo 28 quelle giunte intatte fino a noi. Si caratterizzano per un’accentuata spinta verticale, derivante dall’impiego di strutture basate su sistemi di pali portanti (detti “stav”) posti agli angoli della pianta e rinforzati da zoccoli in pietra. Si caratterizzano inoltre per la presenza di gallerie esterne e di elementi decorativi in legno. Molto probabilmente si tratta di architetture di origine pagana, successivamente convertite in chiese cristiane, come testimoniato dalle cornici e dagli intarsi con motivi di matrice vichinga, runica e mitologica.

La stavkirke più antica, la Urnes stavkirke, si trova a Luster ed è stata classificata anche come uno dei siti UNESCO Patrimonio dell’Umanità; quella più grande è invece situata a Notodden ed è nota come Heddal stavkirke.

Anche l’Europa Orientale, soprattutto nelle regioni della Polonia meridionale e della Slovacchia, ospita numerose testimonianze di chiese in legno adibite al culto cristiano, protestante e greco-ortodosso. Si tratta di architetture che riflettono fortemente l’influenza della tradizione romana e di quella bizantina e che esprimono, nello stesso tempo un legame molto forte con il territorio che le ospita. Sono realizzate con il legno locale dei monti Carpazi, abete, pino e larice soprattutto, secondo la tecnica, cosiddetta, horizontal log technique o con sistemi a travi intrecciate. Anche in questo caso sono numerose quelle incluse tra i siti UNESCO Patrimonio dell’Umanità.

Ma cosa succede nelle città contemporanee? Quali possibilità ed opportunità offre, alla tipologia architettonica dell’edificio chiesa, l’impiego del legno e, soprattutto, del legno lamellare?

I vantaggi che questo materiale porta con sè sono numerosi, sia sotto il profilo estetico – architettonico che per le prestazioni: alla bellezza del materiale si accompagnano infatti le ottime qualità di isolamento termico ed acustico e di resistenza anti-sismica ed anti-incendio, gli aspetti della sostenibilità e della riciclabilità, e, non meno importanti, le potenzialità dal punto di vista strutturale.

Gli esempi di edifici destinati al culto realizzati impiegando il legno lamellare, sono innumerevoli e non solo all’estero: alcune di tali essi hanno visto la partecipazione, in fase costruttiva, anche dell’azienda Albertani. Tra queste vi sono il complesso religioso di Santa Maria Theotokos, nel comune di Incisa in Valdarno, a circa 20 km da Firenze, nella Diocesi di Fiesole, e la chiesa di San Bartolomeo ad Almenno, in provincia di Bergamo. Il primo risulta caratterizzato da un impianto di forma triangolare, che richiama il concetto della Trinità, e su cui si innesta una copertura a vela con struttura in legno lamellare rivestita all’esterno da un manto in rame. Presenta una doppia curvatura e, protendendosi verso l’alto, simboleggia l’idea della divinità che dal cielo scende fino in terra per essere vicina alle sue creature. Il secondo colpisce invece per una copertura costituita da travi in legno lamellare perfettamente orizzontali e raccordate da grandi vetrate trasparenti: queste ultime rendono la luce protagonista dell’architettura, oltre che guida e strumento di elevazione per i fedeli. L’ingresso è preceduto da un ampio portico a forma di “T” con struttura a capanna, anch’essa in legno lamellare ed anch’essa protetta da ampie vetrate: questo spazio definisce una sorta di sagrato coperto in cui esterno ed interno si incontrano.

In tali contesti, quindi, l’impiego del legno lamellare, da un lato consente di realizzare strutture ed architetture in grado di superare le normali prestazioni consentite dalle “tecniche tradizionali”, e dall’altro ben si adatta alle esigenze espressive e comunicative che richiedono gli edifici destinati a diventare luoghi di culto.

Elena Ottavi

L’impiego del legno ha accompagnato la storia dell’uomo e della sua evoluzione fin dalle origini: da sempre, infatti, questo materiale, è stato apprezzato per la possibilità di essere reperito in maniera relativamente semplice, perchè si tratta di una risorsa rinnovabile e per la sua versatilità. Esso, infatti, ben si presta ad essere utilizzato per soddisfare esigenze e necessità numerose e differenti: in ambito edilizio come materiale da costruzione o complemento alle operazioni di cantiere, per la realizzazione di strumenti in genere, utensili, elementi di arredo, design e decorativi, per il riscaldamento, ecc.

Al giorno d’oggi, in un’epoca in cui, fortunatamente, crescono l’attenzione, l’interesse e la cura nei confronti delle tematiche della tutela e della sostenibilità ambientali, tale carattere si lega con quello della riciclabilità, altro grande vantaggio che l’impiego del legno porta con sè. Questo materiale, infatti, in quanto naturale, offre la possibilità sia di essere riciclato, sia di essere riutilizzato per scopi differenti in fasi successive. Tale aspetto non presuppone necessariamente il raggiungimento del termine del ciclo di vita di un prodotto o di un’architettura o di altre realizzazioni in legno, ma, al contrario, nel momento in cui viene meno la ragione d’essere dell’oggetto in questione, vi è la possibilità di recuperarne e reimpiegarne in maniera alternativa il materiale.

Questo rappresenta un aspetto (ed un vantaggio) fondamentale nell’ambito dell’architettura e dell’edilizia contemporanee. Molto spesso, infatti, alcune esigenze inaspettate o variazioni nella destinazione e nell’impiego di una struttura, fanno emergere la necessità di rimuovere, sostituire o modificare tutto o parti di essa. Nel caso di tecniche costruttive più tradizionali, come il cemento armato o il latero-cemento, questo potrebbe costituire un problema, o meglio, implicare l’obbligo di lavori di una certa invasività e, nello stesso tempo, escludere quasi in toto, qualsiasi pretesa di riutilizzo dei materiali. Lo stesso non vale per il legno, riciclabile e riutilizzabile per definizione e che consente intervcenti anche in contesti delicati e problematici. Basti pensare all’installazione della passerella in legno che l’azienda Albertani ha realizzato all’interno del Colosseo: si tratta di una struttura fissa ma, all’occorrenza, interamente rimovibile e che, come espressamente e fortemente richiesto dalla committenza, non ha prodotto modifiche permanenti all’anfiteatro romano simbolo di Roma e, probabilmente, dell’Italia nel mondo. Nel caso vengano meno le premesse che hanno condotto alla realizzazione di tale manufatto o nell’eventualità di conflitti con eventuali esigenze di restauro e manutenzione del monumento, la passerella potrà essere smantellata senza lasciare traccia, ed il legno che la compone sarà recuperato per essere destinato a nuovi utilizzi.

Esempi recenti di riuso e recupero del legno sono anche quelli dei Padiglioni realizzati per Milano Expo 2015, manifestazione in cui questo materiale è stato grande protagonista anche grazie alle direttive ed alle linee-guida (“Sustainable Solutions Guidelines. Design, construction, dismantling, reuse”) fissate dall’organizzazione: condizione imprescindibile per la partecipazione era infatti quella di proporre “sustainable solutions”, cioè progetti basati sui principi fondamentali di sostenibilità, riciclabilità e riuso. Per questo i padiglioni realizzati in legno sono stati numerosi: Giappone, Spagna, Estonia, Cile, Irlanda del Nord, sono solo i più famosi di una lunga serie. Gli ultimi due, in particolare, hanno visto impegnati nella realizzazione i tecnici dell’azienda Albertani, che, fin dalle primissime fasi, aveva garantito che tutte le strutture in legno che avrebbe fornito, sarebbero state smantellabili, trasportabili e riutilizzabili alla conclusione dell’esposizione. Il caso che oggi è, più di altri, agli onori delle cronache è quello del Padiglione dell’Irlanda del Nord, un volume parallelepipedo rivestito da listelli in legno grezzo, con una parete curva e suddiviso su tre livelli di cui l’ultimo con terrazza a tetto. Dopo la chiusura dei lavori di Expo, il legno impiegato per la sua realizzazione è stato recuperato e reimpiegato per l’allestimento del Padiglione Italia alla Biennale di Architettura di Venezia 2016, inaugurata lo scorso 27 Maggio.

Sono pertanto innegabili i vantaggi e le opportunità che la versatilità del di questo materiale offre, sia nella realizzazione di installazioni e strutture di carattere temporaneo, sia per opere ed architetture permanenti. La scelta del legno gli garantisce infatti la possibilità di adattarsi e di subire, in maniera abbastanza semplice, modifiche in funzione di variazioni nelle necessità di utilizzo, di venire smontate per trasformarsi, una volta rimontate, in qualcosa di nuovo e differente, oppure per fornire materiale da destinare al riutilizzo.

Elena Ottavi

La 15esima Mostra Internazionale di Architettura, curata da Alejandro Aravena e inaugurata lo scorso 28 maggio, continua a raccogliere opinioni positive per la sua scelta di indagare ed affrontare, limpidamente e organicamente, le criticità delle città contemporanee – si pensi alla necessità che diventino resilienti per gli effetti indotti dai cambiamenti climatici – per proporre soluzioni socio-ambientalmente sostenibili. E, in particolare, in queste prime giornate di Biennale sta venendo particolarmente apprezzato il Padiglione Italia – curato dal team di TAMassociati e realizzato negli allestimenti da Albertani – che “coglie, per il presidente del Cnappc (Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori) Giuseppe Cappochin, il vero significato della Rigenerazione Urbana Sostenibile (Riuso) e rappresenta una visione dell’architettura tesa non solo a migliorare le periferie e l’ambiente edificato, ma che si prende cura delle persone e delle comunità, incidendo sulla marginalità sociale e promuovendo l’innovazione culturale”. Per conoscere meglio, pertanto, la visione dell’azienda che ha realizzato elegantemente il padiglione nazionale, abbiamo rivolto alcune domande all’Ad Ilario Albertani, che ringraziamo per la disponibilità.

Come nasce la vostra partecipazione alla 15. Mostra Internazionale d’Architettura? Come avete declinato il tema “Reporting from the front” nel Padiglione Italia?

Albertani Corporates ha da sempre uno strettissimo legame con l’architettura, anche con la più ardita e creativa. Questo legame e la recente partecipazione a Expo 2015 – in qualità di costruttori di alcuni dei padiglioni espositivi, fra cui quello dell’Irlanda – hanno fatto nascere la riflessione sulla “fine” dei materiali utilizzati per l’esposizione universale. Ne è derivata, conseguentemente, la dimostrazione della citata e desiderata rinnovabilità del legno come materiale da costruzione. Oggi, perciò, si aprono nuovi scenari per le realizzazioni di “frontiera”.

Per realizzarne l’allestimento avete riutilizzato i pannelli CLT usati al Padiglione Irlanda ad Expo 2015. Quanto è importante “riusare” oggi l’architettura, anche in chiave temporanea dandole una valenza sociale? 

L’adozione del “riuso”, come approccio operativo, ritengo sia propedeutico ad una forma mentale più evoluta nel settore delle costruzioni, sia residenziali sia di altra natura. Nei moderni complessi urbani così come in aree di nuova urbanizzazione, il rispetto dell’ambiente e il razionale utilizzo del suolo o degli spazi devono essere concepiti pensando anche alla seconda vita dei manufatti che si vanno a costruire. Senza con ciò subordinare l’economia degli interventi.

Come credete, sulla base della vostra decennale esperienza e competenza apprezzate anche all’estero, che si stia evolvendo l’architettura e, quindi, la possibilità di utilizzare materiali sostenibili e versatili come il legno?

La costruzione in legno lamellare e quella con pannelli CLT Xilam ha dei vantaggi pratici ben noti se paragonati con quelli degli altri materiali. L’evoluzione tecnologica e il progresso funzionale, pertanto, favoriranno secondo me un aumento del suo impiego. In ambito residenziale, soprattutto, ma anche su interventi complessi e dalle dimensioni notevoli. Con l’effetto di avere nelle nostre città, in tempi e con costi minori rispetto alle realizzazioni tradizionali, edifici in legno non solo dall’alta qualità strutturale, ma anche per quella abitativa percepita.

Perché in Italia sembra sia culturalmente difficile anche per i tecnici progettare e realizzare architetture in legno?

La cultura del costruire in legno in Italia sta crescendo e ci sono tantissimi bravi tecnici esperti in materia. L’aspetto sul quale dobbiamo lavorare è certamente il concepimento dell’edificio in legno per il nostro clima, ben diverso da quello rigidissimo del nord Europa. Per chi vive in climi freddi, infatti, l’aspetto fondamentale è disporre di una casa comfortevole e per la cui gestione i costi siano sostenibili. Ben diverso, e decisamente più complesso, è, invece, proteggersi dalle alte temperature estive, in climi per esempio mediterranei, rispetto alle quali vanno ideate e realizzate opportune soluzioni. Ed oggi siamo in grado di dare le migliori risposte a tutte le esigenze dei cittadini per alte condizioni di vivibilità, nel rispetto di tutti i parametri di sostenibilità ambientale.

Giuseppe Milano

Raccogliere la sfida della complessità contemporanea sciogliendo il nodo della marginalità spaziale per una nuova riconfigurazione sociale delle città. Con “l’architettura che ha fatto, fa e farà la differenza”. E’ questa la missione della 15esima Mostra Internazionale di Architettura, curata dal Pritzker Architecture Prize 2016 Alejandro Aravena e inaugurata nello scorso fine settimana dal Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini. La nuova edizione della Biennale, “Reporting from the front” (Indagine dal fronte, ossia dalle “periferie del mondo”), con 88 partecipanti provenienti da 37 Paesi, si propone di “ascoltare coloro che sono stati capaci di una prospettiva più ampia e di conseguenza sono in grado di condividere conoscenza ed esperienze, inventiva e pertinenza con chi tra noi rimane con i piedi appoggiati al suolo”, conferendo al suolo lo status di bene comune da non consumare inutilmente e da preservare nella visione sia di salvaguardare il pianeta che ci accoglie sia di impiegare responsabilmente le sempre più limitate risorse naturali. Ne consegue, pertanto, sempre secondo la lettura di Aravena, “che migliorare la qualità dell’ambiente edificato è una sfida che va combattuta su molti fronti, dal garantire standard di vita pratici e concreti all’interpretare e realizzare desideri umani, dal rispettare il singolo individuo al prendersi cura del bene comune, dall’accogliere lo svolgimento delle attività quotidiane al favorire l’espansione delle frontiere della civilizzazione”. Se mette al centro il diritto alla vita e alla città di ogni singolo cittadino, rivoluzionando e stravolgendo il paradigma architettonico ancora vigente e diffuso arbitrariamente da molte archistar basato più sull’estetica che sull’etica, l’architettura diventa “sociale”. Ed è tale “quando non ignora gli ideali e cresce nel confronto continuo con altre pratiche, in un processo di “costruzione di senso” volto a definire categorie comuni quali appartenenza, identità, condivisione, conoscenza”.

Lungo questo binario corre veloce il treno dell’Architettura che caratterizza il Padiglione Italia, nel quale il tratto “sociale” si fonde e si confonde con quello “solidale”. A cominciare dal nome dell’esposizione: “Taking Care – Progettare per il bene comune”. Per questa edizione della Biennale, l’installazione del Padiglione Italia, ospitato come sempre all’Arsenale, è stata realizzata, con cura e raffinatezza progettuale, da Albertani che, coerentemente alle indicazioni “sostenibili” del curatore Aravane, ha impiegato il legno utilizzato per il Padiglione dell’Irlanda ad Expo 2015. Una scelta mirabile, già molto apprezzata dal primo flusso di visitatori della Mostra Internazionale, che aderisce, inoltre, perfettamente, alla visione degli architetti estensori di “Taking Care”. L’esposizione, ispirata dall’idea che l’architettura debba essere al servizio della collettività e dei luoghi della comunità, si sviluppa in tre sezioni: “Pensare”, “Incontrare”, “Agire”.

“Pensare” è una ricognizione del tema del bene comune, sul suo valore e sul rapporto che intesse con lo spazio costruito: un percorso arricchito dal contributo offerto da personalità di diversa provenienza culturale e professionale, per spingere lo sguardo oltre le definizioni correnti. “Incontrare” è una rassegna di 20 progetti di architettura, tutti realizzati da altrettanti studi italiani, in Italia e all’estero. Nell’insieme, essi raccontano di come i soggetti, quando co-autori, possano creare spazi e luoghi utili alla collettività, dando così pari rilievo sia ai processi che all’opera edificata. “Agire”, culmine della mostra, si traduce in un concreto invito all’azione. “Agire” ospita, infatti, gli alias di 5 dispositivi mobili pensati per un intervento diretto in aree di marginalità del nostro Paese.

La periferia, in fondo, come ampiamente testimoniato recentemente anche dalle iniziative di “rammendo” di Renzo Piano, non è soltanto uno spazio fisico: è anche uno spazio mentale e cioè quel luogo di marginalità culturale in cui si è venuta a trovare l’idea stessa dell’abitare. L’architettura potrà continuare ad agire come strumento di contrasto solo se sarà in grado di confrontarsi con questa marginalità.

I 5 moduli carrabili sono stati progettati da 5 studi italiani in collaborazione con 5 associazioni da sempre impegnate in programmi di contrasto al degrado sociale ed ambientale: AIB (Associazione Italiana Biblioteche), Emergency, Legambiente, Libera, UISP (Unione Italiana Sport per Tutti). La democraticità e la spontanea originalità di questa architettura sociale-solidale è testimoniata, inoltre, anche dalla campagna di crowdfunding avviata proprio nell’intenzione di realizzare questi dispositivi mobili e farli diventare, una volta messi su strada, strumenti concreti di tutela e riscatto sociale.

I progettisti dello studio TAMassociati che hanno curato l’allestimento, concludendo, hanno spiegato così le loro scelte: “abbiamo voluto realizzare nella cornice della Biennale una prova tangibile di come l’architettura, con il suo specifico sapere, possa contribuire a diffondere e rendere efficaci i principi di socialità, partecipazione, salute, integrazione, legalità. In qualsiasi luogo e a qualsiasi scala. Con tali principi l’architettura di questo millennio si dovrà sempre più confrontare, per dare una risposta alle sfide che la città e l’ambiente presenteranno non solo agli architetti, ma a tutti i più responsabili “progettisti” del prossimo futuro”.

Giuseppe Milano