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Reporting from the front e Taking Care. Ecco la Biennale che costruisce il futuro

Raccogliere la sfida della complessità contemporanea sciogliendo il nodo della marginalità spaziale per una nuova riconfigurazione sociale delle città. Con “l’architettura che ha fatto, fa e farà la differenza”. E’ questa la missione della 15esima Mostra Internazionale di Architettura, curata dal Pritzker Architecture Prize 2016 Alejandro Aravena e inaugurata nello scorso fine settimana dal Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini. La nuova edizione della Biennale, “Reporting from the front” (Indagine dal fronte, ossia dalle “periferie del mondo”), con 88 partecipanti provenienti da 37 Paesi, si propone di “ascoltare coloro che sono stati capaci di una prospettiva più ampia e di conseguenza sono in grado di condividere conoscenza ed esperienze, inventiva e pertinenza con chi tra noi rimane con i piedi appoggiati al suolo”, conferendo al suolo lo status di bene comune da non consumare inutilmente e da preservare nella visione sia di salvaguardare il pianeta che ci accoglie sia di impiegare responsabilmente le sempre più limitate risorse naturali. Ne consegue, pertanto, sempre secondo la lettura di Aravena, “che migliorare la qualità dell’ambiente edificato è una sfida che va combattuta su molti fronti, dal garantire standard di vita pratici e concreti all’interpretare e realizzare desideri umani, dal rispettare il singolo individuo al prendersi cura del bene comune, dall’accogliere lo svolgimento delle attività quotidiane al favorire l’espansione delle frontiere della civilizzazione”. Se mette al centro il diritto alla vita e alla città di ogni singolo cittadino, rivoluzionando e stravolgendo il paradigma architettonico ancora vigente e diffuso arbitrariamente da molte archistar basato più sull’estetica che sull’etica, l’architettura diventa “sociale”. Ed è tale “quando non ignora gli ideali e cresce nel confronto continuo con altre pratiche, in un processo di “costruzione di senso” volto a definire categorie comuni quali appartenenza, identità, condivisione, conoscenza”.

Lungo questo binario corre veloce il treno dell’Architettura che caratterizza il Padiglione Italia, nel quale il tratto “sociale” si fonde e si confonde con quello “solidale”. A cominciare dal nome dell’esposizione: “Taking Care – Progettare per il bene comune”. Per questa edizione della Biennale, l’installazione del Padiglione Italia, ospitato come sempre all’Arsenale, è stata realizzata, con cura e raffinatezza progettuale, da Albertani che, coerentemente alle indicazioni “sostenibili” del curatore Aravane, ha impiegato il legno utilizzato per il Padiglione dell’Irlanda ad Expo 2015. Una scelta mirabile, già molto apprezzata dal primo flusso di visitatori della Mostra Internazionale, che aderisce, inoltre, perfettamente, alla visione degli architetti estensori di “Taking Care”. L’esposizione, ispirata dall’idea che l’architettura debba essere al servizio della collettività e dei luoghi della comunità, si sviluppa in tre sezioni: “Pensare”, “Incontrare”, “Agire”.

“Pensare” è una ricognizione del tema del bene comune, sul suo valore e sul rapporto che intesse con lo spazio costruito: un percorso arricchito dal contributo offerto da personalità di diversa provenienza culturale e professionale, per spingere lo sguardo oltre le definizioni correnti. “Incontrare” è una rassegna di 20 progetti di architettura, tutti realizzati da altrettanti studi italiani, in Italia e all’estero. Nell’insieme, essi raccontano di come i soggetti, quando co-autori, possano creare spazi e luoghi utili alla collettività, dando così pari rilievo sia ai processi che all’opera edificata. “Agire”, culmine della mostra, si traduce in un concreto invito all’azione. “Agire” ospita, infatti, gli alias di 5 dispositivi mobili pensati per un intervento diretto in aree di marginalità del nostro Paese.

La periferia, in fondo, come ampiamente testimoniato recentemente anche dalle iniziative di “rammendo” di Renzo Piano, non è soltanto uno spazio fisico: è anche uno spazio mentale e cioè quel luogo di marginalità culturale in cui si è venuta a trovare l’idea stessa dell’abitare. L’architettura potrà continuare ad agire come strumento di contrasto solo se sarà in grado di confrontarsi con questa marginalità.

I 5 moduli carrabili sono stati progettati da 5 studi italiani in collaborazione con 5 associazioni da sempre impegnate in programmi di contrasto al degrado sociale ed ambientale: AIB (Associazione Italiana Biblioteche), Emergency, Legambiente, Libera, UISP (Unione Italiana Sport per Tutti). La democraticità e la spontanea originalità di questa architettura sociale-solidale è testimoniata, inoltre, anche dalla campagna di crowdfunding avviata proprio nell’intenzione di realizzare questi dispositivi mobili e farli diventare, una volta messi su strada, strumenti concreti di tutela e riscatto sociale.

I progettisti dello studio TAMassociati che hanno curato l’allestimento, concludendo, hanno spiegato così le loro scelte: “abbiamo voluto realizzare nella cornice della Biennale una prova tangibile di come l’architettura, con il suo specifico sapere, possa contribuire a diffondere e rendere efficaci i principi di socialità, partecipazione, salute, integrazione, legalità. In qualsiasi luogo e a qualsiasi scala. Con tali principi l’architettura di questo millennio si dovrà sempre più confrontare, per dare una risposta alle sfide che la città e l’ambiente presenteranno non solo agli architetti, ma a tutti i più responsabili “progettisti” del prossimo futuro”.

Giuseppe Milano