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I nostri nipoti rischiano seriamente di conoscere Venezia solo dalle fotografie. Gli scienziati dell’Ipcc, il panel promosso dalle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, nel rendere alcune settimane  fa il loro ultimo report – avviatosi subito dopo la Conferenza sul Clima di Parigi del 2015 – sono stati perentori e risoluti: se a livello globale non saranno assunte, rapidamente e incisivamente, nuove e strategiche politiche tese a decarbonizzare completamente l’economia facendo germogliare un nuovo modello di sviluppo radicalmente ecologico, la Terra entro la fine del secolo rischia di diventare un luogo assolutamente inabitabile e invivibile.

Il rischio che con l’aumento della temperatura media globale a 1,5° o più verosimilmente a 2° e anche più, se si continuasse ad inquinare alla velocità attuale, molte città e molti territori possano finire sott’acqua – per l’innalzamento dei mari – è molto concreto. Come assai probabile, tra gli effetti del medesimo fenomeno, è che le città diventino invivibili per l’eccessivo surriscaldamento e per le isole di calore che le attraverserebbero.

Ancor più, tutto questo potrebbe avvenire in città che entro il 2050 rischiano di ospitare, secondo le previsioni delle Nazioni Unite, almeno il 70% della popolazione mondiale, con un incremento notevole di complessità socio-antropologiche ed ecologiche-economiche da affrontare, in modo particolare secondo i paradigmi della sostenibilità e i dettami della conversione ecologica o dell’economia circolare.

Perché sono le città il cuore della sfida climatica in tutto il mondo. Perché è nelle aree urbane che si produce la quota più rilevante di emissioni ed è qui che l’intensità e la frequenza di fenomeni meteorologici estremi sta determinando e rischia di determinare sempre più danni crescenti, alle persone e alle infrastrutture. Per queste ragioni, pertanto, non solo grandi capitali globali come Londra, Parigi e Sydney, ma anche polarità europee di alto prestigio come Copenaghen, Rotterdam ed Amsterdam, per il loro rapporto genetico con l’acqua, hanno deciso, già da anni, attraverso l’implementazione di un sistema di misure adattive di rigenerare le proprie politiche urbanistiche orientandole alla sostenibilità per una connessione sentimentale con la natura.

L’architettura contemporanea, perciò, diventa una estensione della natura, in una relazione pacifica e non antitetica. L’esito di questo processo, ad oggi, sono le cosiddette “case anfibie”, le floating homes. Per quanto possano sembrare, tuttavia, ancora soluzioni avveniristiche o d’avanguardia, destinate ad una utenza ad oggi particolarmente ristretta e benestante, nel prossimo futuro non è escluso che questa tipologia costruttiva, con lo sviluppo ulteriore delle migliori tecnologie ecocompatibili e dei materiali naturali, possa diffondersi enormemente e rivolgersi ad un pubblico più ampio. Le esperienze oggi esistenti, e in aumento,  confermano la tendenza a sperimentare questa smart e ecofriendly solutions sia per il settore residenziale sia per quello turistico.

Ma come sono costruite queste “houseboats”, ossia “case galleggianti” come barche, ma energeticamente autosufficienti?

Germania. Sulla riva meridionale del lago di Geierswald sono ancorate le due case vacanza galleggianti progettate e realizzate dai fratelli architetti Wilde. Per trasformare quella che era un’idea utopica in una pragmatica realtà, per oltre sei anni hanno studiato soluzioni tecnologiche specifiche. Nel dettaglio, sono stati previsti i pontoni galleggianti assemblati con perni di accoppiamento, il cui compito è sostenere le strutture in vetro e acciaio.  Per la copertura di queste strutture a mezzo arco, invece, essendo necessario un materiale in grado di garantire la necessaria flessibilità durante il montaggio, ma anche capace di resistere all’azione corrosiva dell’acqua acida, è stato scelto l’alluminio. Per una casa tecnologicamente avanzata e ambientalmente evoluta che in caso di condizioni meteorologiche estreme le consente di galleggiare in sicurezza.

Inghilterra. Un’altra esperienza virtuosa, la “WaterNest 100”, ci porta a Londra, sebbene sia stata progettata dallo studio italiano di Giancarlo Zema. La costruzione, una casa dalla forma tondeggiante di 100 mq con un diametro di 12 m e alta 4 m, è realizzata in legno ed alluminio. Può ospitare quattro persone e può produrre energia pulita sufficiente per coprire i consumi mediante i pannelli fotovoltaici presenti sulla copertura. Gli arredi interni, inoltre, sono ecologici e l’impianto di micro-ventilazione è del tipo a basso consumo. Per l’uso di materiali sostenibili, infine, l’abitazione è riciclabile fino al 98%.

Stati Uniti. A Seattle, progettata dagli architetti Lanker e Bloxom, si trova “Houseboat H”. L’unità abitativa, una casa net zero energy (ossia energeticamente autosufficiente), è stata realizzata con materiali riciclati e riciclabili. L’elevata qualità architettonica raggiunta, come il comfort termo-igrometrico indoor garantito, le hanno consentito di essere certificata Leed Platinum, ossia di ricevere la più prestigiosa certificazione internazionale sulla sostenibilità degli edifici. Nel dettaglio, uno dei punti di forza di questa costruzione innovativa è la depurazione dell’acqua. Sulle isole galleggianti di plastica riciclata che sostengono l’abitazione, infatti, sono state inserite delle piante autoctone, le cui radici affondano nell’acqua che loro stesse provvederanno a ripulire. Per una relazione sentimentale unica con il paesaggio circostante.

Nell’era geologica che stiamo attraversando, cosiddetta “antropocene” – ossia fortemente segnata dall’azione dell’uomo sul patrimonio naturale – anche l’architettura sta entrando in una nuova stagione.

Al centro di questa rivoluzione copernicana, principalmente, due aspetti: da un lato, la ricerca da parte dei progettisti di una empatica prossimità con i futuri fruitori dello spazio fisico preferibilmente rigenerato secondo un approccio integrato multidisciplinare e una visione olistica; dall’altro, la necessità e l’urgenza di un’azione interscalare comunque collettiva che metta al centro la tutela della biodiversità e la valorizzazione paesaggistica, accogliendo la dimensione sociale e culturale, in modo particolare dei territori fragili e marginali.

Tra gli architetti che più hanno compreso e rappresentato, nel recente passato, il cambiamento in nuce, non possiamo non citare Giancarlo De Carlo, per il quale non solo la partecipazione – per come assimilata dalla Scuola Scandinava – era un prerequisito essenziale per la successiva progettazione, che diventava in questo modo un modello di co-pianificazione; ma anche che l’architettura, non scissa dall’urbanistica, nelle sue declinazioni pratiche non agisse in contrasto con l’ambiente, ma anzi in armonia con essa.

Questa lezione, e in un certo senso l’eredità culturale e progettuale di De Carlo, nell’idea di voler creare una continuità tra passato, presente e futuro, ma anche nella consapevolezza che occorra saldare tradizione ed innovazione, sembra sia stata perfettamente acquisita da Mario Cucinella, curatore del Padiglione Italia dell’ultima Biennale d’Architettura di Venezia.

Se per De Carlo, infatti, era quasi un imperativo categorico provare a democratizzare l’architettura rendendola permeabile alle ibridazioni provenienti da altri saperi e a renderla accessibile ad un ampio pubblico; per Cucinella sembra sia urgente ecologizzare i processi che concorrano a produrre un’architettura di qualità, ontologicamente plurale, a cominciare dai linguaggi impiegati e dalle metodologie sperimentate.

Da verticale e, spesso, autoreferenziale, l’architettura, per Cucinella, rinasce dal basso dall’ascolto dei territori marginali come le aree interne e dalla produzione di innovazione sociale per una testimonianza orizzontale e circolare che nei paradigmi della sostenibilità socio-ambientale riverbera la sua nuova identità contemporanea.

Il Padiglione Italia, ribattezzato proprio per la sua vocazione Arcipelago, è organizzato in tre parti. Nella prima sono riconoscibili 8 itinerari che accolgono una settantina di progetti di architettura contemporanea distribuiti tra borghi, paesaggi e parchi, per rivelare la qualità diffusa dei paesaggi italiani. La seconda ospita l’esito di un rigoroso e approfondito studio condotto dal Cresme sulle evoluzioni demografiche e sociologiche del nostro Paese, tra spopolamento e cambiamento climatico. Nell’ultima, infine, sono presentati i 5 progetti di ricerca elaborati dai sei studi selezionati che hanno agito in cooperazione con università e attori locali.

Tra questi, particolarmente suggestivo è il progetto-processo che ha coinvolto il territorio della Foreste Casentinesi – situate tra l’Emilia e la Toscana, inserite nella lista del Patrimonio Unesco a luglio 2017 – con cui viene indagato il tema della foresta come sistema produttivo. Il legno, dunque, diventa protagonista assoluto della rinascita di un territorio. Il legno come materiale naturale che contribuisce allo sviluppo economico della comunità attraversata dal cambiamento e rigenerata socialmente.

Per la Biennale, quindi, il team selezionato ha previsto un edificio polifunzionale capace di accogliere più attività complementari nella valorizzazione massima degli spazi. La materità del legno incontra la fluidità delle superfici vetrate previste per favorire l’armonizzazione architettonica e l’inserimento nel contesto naturale dell’opera, secondo una armonia convergente tra esterno ed interno.

Il legno, tuttavia, e in generale i materiali naturali, come le tecnologie in grado di assicurare come risultato finale quello di avere architetture bioclimatiche energeticamente efficienti, caratterizzano tutto lo spazio espositivo allestito, nella volontà di illuminare quella parte di Italia che non si conosce, ma che è già realtà e che si punta a far diventare icona dell’Italia del futuro, o del diverso presente, che attende solo di essere abbracciato. Perché, oggi più che mai, l’architettura ha senso non solo se incontra e si fonda con la natura, ma anche e soprattutto se intercetta armonicamente ed empaticamente la cultura dei luoghi – la loro coscienza – per la loro solida e solidale valorizzazione.

Studenti universitari fuorisede e anziani, ma anche cittadini di origine straniera e neosposi. Il social housing, è la tipologia edilizia che consente di disporre di una abitazione a canone calmierato alle utenze deboli individuate che non possono permettersi di pagare un mutuo e non rientrano negli elenchi dell’edilizia residenziale sociale. Una pratica sempre più diffusa nel nostro Paese, sia per la crescente sensibilità ecologica accolta tra tecnici e imprenditori, che per la scelta del modello realizzativo in legno.

A corroborare questa tesi, anche i numeri dell’ultima indagine curata da Federlegno Arredo: nel 2015, oltre 3400 sono state le nuove costruzioni in legno, pari al 7% sul totale dei permessi di costruire, per un totale di quasi 700 milioni di euro di valore immobiliare. E, soprattutto, con un trend in forte crescita negli ultimi anni, ancor più se confrontato con gli edifici in acciaio o in cemento armato.

La proliferazione di questa tipologia edilizia nelle zone semicentrali o periferiche di città sempre più orizzontali e distribuite è dovuta anche ad una atomizzazione della società che spinge per modelli insediativi diversi e più flessibili. Fattore che sembra essere supportato dalle evidenze della ricerca condotta dai docenti di estimo dell’Università Iuav di Venezia Ezio Micelli e di urbanistica della Xi’an Jiaotong-Liverpool University in Cina Paola Pellegrini. Per questi, nei centri storici delle decine di città dell’Italia centrosettentrionale indagate sarebbe inutilizzato quasi il 40% del patrimonio residenziale disponibile.

Vediamo quindi una panoramica tra alcune pratiche italiane ed internazionali innovative e di particolare successo. A caratterizzarle non solo una mixité dimensionale, ma anche da una varietà funzionale degli spazi in comune, orientate ad elevare la qualità dell’esperienza domestica quotidiana. Il tutto nel paradigma della sostenibilità ambientale.

Brescia. Nella città lombarda, su impulso dell’agenzia regionale per l’edilizia residenziale e su progetto dello studio di architettura 5+1AA, sono stati realizzati in località San Polino 72 nuovi appartamenti suddivisi in quattro edifici di quattro piani in legno. Per la costruzione, avviata dopo il 2011 e completata in 5 mesi, si è impiegata la modalità della prefabbricazione a secco, con pannelli portanti di Xlam – legno massiccio a 5 strati incrociati – di diverso spessore per le elevazioni, completate da cappotto esterno, e per gli orizzontamenti. La progettazione integrata, avviata sin dalla fase preliminare, ha permesso di definire con precisione le misure delle aperture dei componenti industrializzati per un montaggio veloce e preciso in cantiere che ha generato l’assenza di ponti termici. Inserito nello scenario paesaggistico che ha il Monte Maddalena sullo sfondo e del quale sono stati ripresi in facciata i colori autoctoni, il complesso edilizio prevede soluzioni tecnologiche notevolmente evolute per il raggiungimento di alti standard di efficienza energetica. Oltre a un grande pannello fotovoltaico in copertura, che rende autosufficiente i 4 edifici in legno, è stato previsto che ogni unità abitativa disponesse di un proprio impianto di ventilazione meccanica controllata a doppio flusso con recupero di calore ad alta efficienza per garantire il giusto ricambio d’aria.

Appartamenti-Brescia

Appartamenti Brescia
Fonte: aler-image rubner.com

Milano. Il capoluogo meneghino ospita, secondo la stampa internazionale, una delle più moderne esperienze europee di social housing in legno. L’intervento, battezzato “Una comunità per crescere” e progettato dallo studio fiorentino di architettura diretto da Fabrizio Rossi Prodi, ha previsto la realizzazione in poco più di un anno in Via Cenni, su un’area di 17mila metri quadrati, di 4 torri da 9 piani, alte 27 metri e per un totale di 124 appartamenti di diversa tipologia e superficie. Se il “cuore” della comunità è costituito da un parco interno, la “testa” è illuminata dai green roof e dai giardini officinali, non dimenticando le “arterie” individuate da quegli spazi in comune destinati alla lettura e alla cultura, alla socializzazione e all’incontro.

Social Housing Milano

Social Housing Milano
Fonte: cennidicambiamento.it

Trento. Dal nome di un albergo demolito di cui ha preso il posto, la nuova residenza per studenti universitari Mayer di Trento risalta per le moderne tecnologie di bioedilizia utilizzate. La struttura in Xlam, con pannelli di spessore 10-15 cm, garantisce resistenza al fuoco e comfort termo-igrometrico. L’edificio sarà riscaldato da una pompa di calore da 90 Kw, che estrarrà il calore da acqua di falda a 14 °C in media. Sul tetto, in parte coperto da vegetazione per aumentarne l’isolamento, saranno ospitati 20 kW di fotovoltaico. Un sistema di ventilazione, infine, con scambio di calore penserà invece al ricambio d’aria dei locali, azionato da sensori che misurano in ogni stanza il tasso di CO2.

Trento, Mayer

Trento, Mayer
Fonte: www.archiportale.com

Parigi. Nel quartiere periferico di La Chapelle, commissionato dalla società immobiliare per l’housing sociale Siemp, già da qualche anno sorge un innovativo complesso residenziale destinato all’edilizia sociale progettato dallo studio di architettura locale KOZ Architectes. Tête en l’air (letteralmente “Testa nell’aria”) – questo il nome dell’iniziativa – prevede di recuperare l’edificio esistente e ampliarlo con una nuova struttura capace di accogliere 30 nuove unità immobiliari totali. Il perno del progetto è rappresentato da un ampio giardino in direzione sud che funge da cerniera tra vecchia e nuova struttura, ortogonale alla precedente. Su questa micropolarità naturale si affacciano direttamente tutti gli appartamenti al piano terra creando così una armonica connessione tra spazio pubblico e spazio privato. Il legno è stato adottato in modo radicale: dalla struttura a telaio ai rivestimenti esterni, tutto è in legno di larice, con performance energetiche elevatissime. Ai piani superiori si trovano volumi cubici di legno a sbalzo, orientati verso l’interno, che offrono l’occasione di disporre di una geometria variabile come variabile è anche la funzione interna predisposta. La copertura piana, infine, studiata per ospitare lavanderie, è costituita da porzioni praticabili intervallate da aree verdi non accessibili, oltre a contenere i moduli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica.

Parigi, La Chapelle

Parigi, La Chapelle
Fonte: arketipomagazine.it

Nella società contemporanea e nelle nostre quotidianità è sempre più importante (se non imprescindibile) il ruolo che il mondo dello sport, del wellness e della cura del corpo rivestono, dal punto di vista sia fisico – fisiologico che sociale. Per questo è fondamentale, quando si progettano o si realizzano strutture destinate allo svolgimento di tali attività, orientare le proprie scelte verso l’obiettivo primario del benessere. E sotto questo profilo, l’impiego del legno e, nello specifico, del legno lamellare, risulta impareggiabile perché è in grado di offrire la risposta più completa a tutte le complesse esigenze che la realizzazione di questo tipo di strutture comporta. Vediamo come.

Cinque buoni motivi per scegliere il legno

1)              Innanzitutto perché l’impiego delle tecnologie costruttive basate sull’utilizzo del legno lamellare consente la realizzazione di strutture di qualsiasi forma e dimensione: palestre, palazzetti, maneggi, stadi sono infatti, innanzitutto, grandi strutture contraddistinte da ampie luci e da altezze elevate. Tali caratteristiche sono determinate e variabili in funzione della specialità sportiva principale a cui l’edificio è destinato, ma risultano comunque sempre molto considerevoli. Da questo punto di vista il legno consente risultati e prestazioni eccezionali: tamponamenti ed elementi strutturali possono infatti essere realizzati “su misura” per rispondere a qualsiasi esigenza di forma e dimensione. Inoltre preferendo il legno ai materiali tradizionali si ottengono strutture più leggere oltre che più semplici e veloci da realizzare.

2)              Il secondo, fondamentale punto a favore del legno riguarda l’enorme fabbisogno energetico che la gestione di questi edifici richiede: è essenziale che l’involucro esterno sia progettato e realizzato a regola d’arte e che sia in grado di garantire il massimo risparmio energetico possibile. Come ben sappiamo il legno è infatti un materiale in grado di fornire prestazioni ottime dal punto di vista dell’isolamento (sia termico sia acustico), per cui costituisce un valido alleato contro la dispersione di energia e, di conseguenza, di risorse.

3)              Le caratteristiche intrinseche del legno assicurano all’ambiente interno anche condizioni ottimali dal punto di vista della naturale regolazione dell’umidità. Come avevamo già messo in luce in questo post, il legno è infatti un materiale traspirante ed igroscopico e, in virtù di ciò, è in grado di assorbire e di far fuoriuscire per capillarità l’umidità in eccesso presente all’interno di un ambiente. Ed in un luogo dedicato alla pratica di sport non è cosa da poco!

4)              Un altro degli aspetti a favore dell’impiego del legno per la realizzazione di edifici destinati allo sport, è quello che riguarda le sue qualità estetiche: si tratta infatti di un materiale in cui bellezza e tecnologia costituiscono i termini inscindibili di un’equazione che ha come risultato il top delle prestazioni.

5)              Come ultimo aspetto: la sostenibilità, tematica più e più volte evidenziata all’interno del blog ma che risulta, a mio avviso, fondamentale nell’ambito di questa categoria di edifici. Se infatti il progetto ha come obiettivo la realizzazione di una struttura dedicata allo sport ed alla cura del corpo, la scelta di un materiale naturale, salubre e riciclabile è essenziale per il benessere di tutti i futuri utenti.

Qualche esempio di realizzazione

Gli esempi di realizzazione di edifici in legno dedicati allo sport ed alla cura del corpo sono numerosissimi e sparsi in tutto il mondo. Si tratta di strutture molto diverse tra loro per tipologia, forma, dimensione e tecnologia impiegata, ma tutte hanno nel legno il comune denominatore.

FT Architects, Archery hall and boxing club, Tokyo, 2013. I due edifici sorgono all’interno della Kogakuin University (West Tokyo) e sono dedicati rispettivamente al Kyudo (il tradizionale tiro con l’arco giapponese) ed alla boxe. Le premesse alla progettazione riguardavano l’esigenza di realizzare una struttura a basso costo con legname locale e di ottenere due sale aventi spazio libero di 7,2 x 10,8 m. La struttura è stata ottenuta attraverso il semplice assemblaggio a mezzo bulloni e dadi di piccole sezioni di legno.

SCHEMAA, Salle multisports Nathalie Mauclair, Champagné, 2015. Il progetto nasce dall’esigenza di realizzare una sala polisportiva complementare ad una palestra esistente. Il nuovo volume, pulito e cristallino, si pone in continuità con il vecchio, a finitura opaca. Le strutture portanti sono costituite da elementi lamellari inclinati che, unitamente all’involucro esterno in policarbonato traslucido conferiscono grande dinamicità al complesso.

Architecture 54, Gymnase de Costebelle, Hyères, 2016. Si tratta di una palestra dedicata agli studenti del Lycée Costebelle ed alle associazioni sportive locali. L’architettura è estremamente sobria ed ha nella pulizia delle linee e nella geometria il suo principio generatore: è infatti la griglia a maglia triangolare ciò che definisce le facciate e costituisce la chiave di lettura del rapporto tra l’edificio e la luce naturale.

Zaha Hadid Architects, Eco Park Stadium, Stroud (UK), 2016. Lo studio fondato dalla visionaria Zaha Hadid si è aggiudicato il concorso di progettazione del nuovo stadio della squadra (vegana!) dei Forrest Green Rovers. Il nuovo stadio sarà realizzato quasi completamente in legno, dalla struttura alla copertura, e sarà il primo nel suo genere. Una membrana trasparente ne costituirà la finitura rendendo possibile, nello stesso tempo, la crescita dell’erba nel campo da gioco, la protezione degli spettatori e la riduzione dell’impatto visivo dell’impianto dall’esterno.

ALBERTANI CORPORATES s.p.a. . Sono numerosissime anche le strutture sportive che hanno visto la partecipazione alla loro progettazione e realizzazione dell’azienda Albertani Corporates s.p.a.. Le tipologie e le tecnologie impiegate sono differenti e variano in funzione delle esigenze strutturali e della forma.

Tra le realizzazioni Albertani nell’ambito dell’edilizia per lo sport troviamo edifici destinati a svariate specialità: come la piscina coperta di Castano Primo (Milano), una grande costruzione ad arco costituita da due corpi distinti, con una parte fissa ed una scorrevole ed apribile, e la piscina coperta di Forlì (Forlì – Cesena), la cui copertura è definita da grandi trave sagomate in legno lamellare.

La copertura del Palaindoor di Ancona (il più grande impianto stabile per l’atletica al coperto di tutta Italia), un’imponente volta lamellare che sostiene un complesso sistema di luci, e il palasport di Busto Arsizio (Milano), esempio di geodetica in legno.

Il maneggio La Mandria di Venaria (Torino), una spettacolare struttura costituita da capriate reticolari con luce di 50 m, e la tribuna del campo da calcio di Zamora (Spagna), una grande “trave a mensola” con elementi diagonali di irrigidimento.

Nell’ambito dell’edilizia residenziale c’è un aspetto su tutti al quale si tende a riservare un’attenzione particolare: quello della sicurezza, che costituisce un requisito imprescindibile sia nelle scelte e nelle decisioni dei progettisti, sia nelle valutazioni di chi si accinge ad acquistare o a realizzare la propria abitazione. Si tratta infatti di un aspetto che influisce fortemente sulle prestazioni dell’edificio e che riguarda, in egual misura, sia le case costruite impiegando i materiali e le tecnologie tradizionali, sia quelle in legno.

Persiste tuttavia, in relazione a queste ultime, la tendenza a considerarle meno sicure, nonostante gli specifici studi tecnico – scientifici condotti sul tema e le reali prestazioni dimostrate e certificate dagli edifici già realizzati in tutto il mondo.

Cerchiamo quindi, in questo post, di fare un po’ di chiarezza sull’argomento, analizzando un po’ più nello specifico le caratteristiche e le performances di una casa o di un qualsiasi altro edificio in legno dal punto di vista della sicurezza, ed approfondendo i diversi fattori ed aspetti che entrano in gioco.

Sicurezza come stabilità e resistenza meccanica

Il primo aspetto che qualifica una casa (o un altro edificio) come sicura è quello individuato dalla sua stabilità e dalla sua capacità di resistere alle sollecitazioni di tipo meccanico. I materiali e le tecnologie impiegati in ambito costruttivo devono infatti essere in grado di garantire, in primis, la resistenza a compressione ed a trazione dei singoli elementi costruttivi in funzione dei pesi e dei carichi a cui sono sottoposti e delle dimensioni e della geometria della struttura.

E da questo punto di vista il legno (quello lamellare in misura anche maggiore) è, per sua natura, un materiale in grado di assicurare prestazioni elevatissime: oltre ad una resistenza ottima, può infatti vantare, rispetto al tradizionale cemento armato ed all’acciaio, anche maggiore elasticità e leggerezza. Inoltre il valore aggiunto che queste ultime due caratteristiche portano con sè, acquista un peso maggiore se considerate in relazione al verificarsi di eventi di eventi di natura sismica: esse infatti, unite alla resistenza, consentono ad un edificio realizzato con questo materiale, di fornire risposte ottime alle sollecitazioni complesse che si manifestano in occasione dei terremoti.

In tali frangenti l’elasticità permette alla struttura in legno di comportarsi, appunto, in maniera elastica, assecondando le oscillazioni indotte dal sisma sull’edificio, senza che quest’ultimo ne risulti gravemente danneggiato. La leggerezza riduce invece la massa del corpo sottoposto alla sollecitazione sismica.

L’impiego del legno e, in particolare del sistema costruttivo X-Lam, consente inoltre un ulteriore miglioramento della risposta dell’edificio al terremoto: le costruzioni realizzate con questa tecnologia sono infatti in grado di comportarsi in maniera scatolare e di scaricare le sollecitazioni subite sul sistema di fondazione, senza rischi di cedimenti in corrispondenza dei nodi.

Sicurezza come resistenza al fuoco

Anche dal punto di vista della resistenza al fuoco una casa in legno è in grado di assicurare prestazioni migliori rispetto a quelle di abitazioni realizzate secondo tradizione.

Infatti, benchè il legno sia per sua natura un materiale combustibile, ha dalla sua anche la vantaggiosa capacità di riuscire a mantenere inalterate la propria struttura molecolare e le sue prestazioni, quando viene sottoposto al fuoco. Quando questo accade, grazie al fenomeno della carbonatazione (per maggiori info vedi anche il nostro post Case in legno che resistono al fuoco:realtà o fantasia?) lo strato più esterno del materiale va a costituire una sorta di guscio protettivo della sezione più interna della struttura, impedendone il cedimento improvviso e preservandone, quindi, la stabilità.

Lo stesso non avviene per acciaio e cemento armato, materiali che se sottoposti a temperature elevate tendono rapidamente al collasso.

Sicurezza come resistenza alle effrazioni

La sicurezza della propria abitazione dal punto di vista della resistenza ai tentativi di effrazione non dipende dal materiale o dalla tecnologia costruttiva impiegati per realizzarla: solitamente infatti la maggioranza dei furti e delle intrusioni avviene attraverso porte o finestre lasciate aperte o forzate dall’esterno. Sono quindi le aperture i punti deboli di qualsiasi casa ed è su questi che occorre lavorare per aumentarne il grado di sicurezza: è quindi importante scegliere infissi omogenei in tutte le loro componenti, certificati, con telaio, ferramenta e tipologia di vetro adeguati alle esigenze.

Inoltre la scelta del legno come materiale da costruzione della propria abitazione non preclude in alcun modo la possibilità di installare sistemi blindati ed impianti di allarme.

Sicurezza come salubrità dell’ambiente domestico

Chiudiamo il quadro sulla sicurezza delle case in legno soffermandoci sulla stretta relazione che sussiste tra i materiali impiegati ed il benessere interno dell’abitazione. Come già evidenziato in questo post di un po’ di tempo fa, la scelta del legno assicura condizioni interne molto migliori dal punto di vista termico, dell’umidità e della qualità dell’aria. Si tratta infatti di un materiale dalle ottime capacità isolanti, traspirante ed igroscopico: sul piano pratico queste caratteristiche si traducono nella garanzia di condizioni termiche interne ottimali e costanti in tutte le stagioni e nella naturale regolazione del livello di umidità. Questi aspetti incidono a loro volta sulla qualità e salubrità dell’aria interna, preservata dalle contaminazioni derivanti dalla presenza di funghi e muffe che proliferano invece in ambienti soggetti ad umidità e sbalzi termici.

Il legno vanta, infine, anche capacità antistatiche ed antiallergiche ed è in grado di agire come parziale schermo contro l’inquinamento elettromagnetico ormai sempre più diffuso.

Il 2° Rapporto Case ed Edifici in Legno condotto dal Centro Studi Federlegno Arredo Eventi, con la collaborazione di numerose imprese del settore, per il secondo anno propone una mappatura dettagliata del mercato degli edifici a struttura in legno costruiti in Italia nel 2015 e del loro valore di produzione, basandosi sull’elaborazione dei dati forniti dalle 248 aziende coinvolte nell’indagine.

Il risultato in numeri rileva che un’abitazione su 14 è realizzata in legno e più di 3.400 nuove abitazioni sono state realizzate in legno nel corso del 2015.

Lo studio ha analizzato diversi aspetti: dall’edilizia in legno in Italia in termini di numero di edifici costruiti alla tecnica costruttiva più diffusa, dalla distribuzione territoriale delle aziende e del loro fatturato, alle abitazioni costruite per Regione, dalla stima del mercato nazionale, confronto con l’industria delle costruzioni in Italia e con la produzione di edifici prefabbricati in legno degli altri Paesi Europei.

E il trend non sembra arrestarsi. La distribuzione territoriale delle abitazioni vede la Lombardia al primo posto con il 20% delle costruzioni realizzate, seguita da Veneto (18%) e Emilia Romagna (15%).

Le costruzioni in legno, infatti, tengono conto sia della sostenibilità ambientale che degli standard prestazionali.

Il legno è spesso protagonista di ristrutturazioni e lavori di recupero. Unisce le linee armoniose della natura con la duttilità tipiche del materiale.

Ristrutturare la casa  è meno oneroso, grazie ai bonus fiscali che restituiscono fino a 96mila euro in 10 anni. Se poi l’obiettivo è aumentare l’efficienza energetica, la detrazione sull’Irpef sale dal 50 al 65%.

Per questa ragione uno dei materiali migliori per questo tipo di interventi è il legno: una scelta ecologica, gradevole esteticamente, ma soprattutto efficace dal punto di vista edilizio.

La bioedilizia, che spopola sempre di più, è in grado di abbattere i costi dell’energia utilizzata per raffreddare o riscaldare la casa del 20-30%, ammortizzando in breve tempo l’investimento iniziale. Per costruire un edificio in legno in media è immesso nell’atmosfera il 35% in meno di gas serra rispetto al calcestruzzo.

Realizzare pareti, soffitti, pavimenti e arredi in legno, garantisce oltre che vantaggi tecnici, ormai noti, ribaditi e ripetuti, indubbi risultati visivamente soddisfacenti e suggestivi.

Vediamo alcuni esempi in cui il legno domina la scena, sparsi in tutta Italia, da Bolzano a Catania.

Il progetto di recupero a cura di studioata nel centro storico di Pragelato (TO) ha previsto il recupero di quattro baite storiche, e il ridisegno del vuoto urbano sul quale si affacciano. Bassi consumi, rispetto della tradizione e materiali naturali ne fanno un esempio virtuoso di ristrutturazione urbana in ambito montano.

Nell’intero complesso sono stati realizzati complessivamente 33 alloggi di diversa dimensione, un locale polifunzionale, una caffetteria-negozio.

Principi ecologici, unità e semplicità sono gli ingredienti essenziali del progetto di Modus Architects per il nuovo rifugio Edelrauthütte (Selva dei Molini, Bolzano).

La memoria del vecchio rifugio rimane nel vuoto della terrazza. Grandi pietre segnano la sua impronta e dimensione. Il legno con cui è rivestito il nuovo rifugio è anch’esso un atto di rispetto e di continuità con la storia passata.

Nel BVR Loft a Rimini, progetto di ARCHINOW!, un listello in multistrato di betulla finlandese placcata sua ambo i lati in laminato bianco diventa il “modulo” che, ripetuto “n” volte crea nuove destinazioni diventando ora una cucina separata, un camino, una quinta con affaccio per un’area relax- studio o un ingresso.

Per la Benci House, il green boutique hotel nel centro storico di Firenze, il progetto delle quattro camere nasce dalla consistenza materica del legno e porta la firma dello studio Archea Associati.

Qui il design e la materia si fondono con la funzionalità e l’ecosostenibilità. Ciascuna delle quattro camere è definita da un’essenza differente – noce, rovere, castagno, cipresso – con cui sono realizzati i pavimenti, le boiseries e i vari elementi d’arredo che si muovono sulle superfici orizzontali e verticali, proponendo esperienze tattili, olfattive e visive del mondo naturale: l’albero, il nido, la catasta di tronchi, muschi, cespugli e rampicanti.

A Catania lo studio tuttiarchitetti è riuscito a ricavare da una stanza di 48 mq 4 stanze di 16 mq. Nella FGV House due portali di legno rovesciati e girati a 90°, in pannelli multistrato di betulla, riescono a far ‘scomparire’ il soppalco di metallo, pesante fardello della precedente ristrutturazione, restituendo “aria” allo spazio.

Una reinterpretazione dei tradizionali scuri in legno massello completa la spazialità di questo piccolo-grande monolocale, modulando opportunamente la luce delle sole due grandi aperture.

Le architetture industriali sono edifici la cui caratteristica principale si individua nelle grandi dimensioni e nella necessità di dare risposta, in primis, a requisiti di efficienza economica e funzionale. Essendo infatti destinati ad attività di tipo produttivo, necessitano di superfici ampie e di altezze elevate allo scopo di consentire lo svolgimento delle attività, di ospitare macchinari, di permettere l’accesso e il movimento di eventuali mezzi di trasporto, di svolgere funzione di magazzino e deposito.

Si tratta di architetture il cui valore viene spesso ridotto al soddisfacimento delle rigide dinamiche e dei parametri imposti dal mercato, come evidenziava Giuseppe Pagano già negli Anni Trenta: “Uno [disordine di valutazione] […] è quello di considerare la costruzione industriale una sottospecie edilizia: roba da tirar su alla svelta senza tante pretese. Questo errore di valutazione […] è origine di gravi danni alla periferia delle città […]. Bastano già queste considerazioni per far comprendere come l’architettura industriale, o per lo meno quella che potrebbe o dovrebbe chiamarsi architettura industriale, si risolva molto spesso in una serie di sconnessi baraccamenti o in una scenografica sfilata di presuntuosi e anacronistici paraventi. Quello che potrebbe essere un prezioso contributo per la più estrema e meno retorica espressione di architettura moderna, intesa come arte e come tecnica, diventa spesso un mediocre elaborato senza carattere”. (Giuseppe Pagano, Architettura industriale in Italia, in Le Arti (1938 – 1943), Anno I, Fascicolo IV).

Sono passati quasi ottant’anni da questa pubblicazione, eppure colpisce ancora l’estrema attualità delle tematiche che affronta: certo, nel corso dei decenni ci sono stati cambiamenti profondi che hanno riguardato la società, le città, il mondo del lavoro e l’industria stessa, eppure il dibattito sul ruolo e sulla “giusta forma” dell’architettura industriale non sembra chiuso né tantomeno risolto.

Inoltre, se all’inizio del Novecento, il Movimento Moderno trovava la sua massima espressione nell’impiego delle “nuove” tecnologie del cemento armato e dell’acciaio, oggi l’approfondimento degli studi sui materiali, lo sviluppo tecnico – scientifico e le sempre più pressanti esigenze imposte dai criteri della sostenibilità e dell’efficienza, stanno aprendo la strada all’utilizzo del legno.

L’utilizzo del legno nelle architetture industriali: leggero e resistente

Si tratta infatti di un materiale in grado di garantire prestazioni molto più favorevoli rispetto all’acciaio ed al cemento armato prefabbricato, solitamente utilizzati per la realizzazione dei grandi edifici a destinazione industriale. Tuttavia, rispetto a questi, è molto più leggero e molto più resistente.

La maggiore leggerezza porta con sè la possibilità di realizzare strutture di fondazione più contenute e di dover trasportare, manovrare e mettere in opera tutti gli elementi in maniera molto più semplice. Con notevole risparmio dal punto di vista dei costi.

La resistenza è invece massimizzata grazie alle tecnologie lamellari e X-Lam, in virtù delle quali è oggi possibile realizzare elementi costruttivi per luci molto grandi. L’impiego del legno assicura inoltre ottima resistenza alle sollecitazioni di tipo sismico ed al fuoco.

A questi vanno aggiunti anche tutti quegli aspetti legati alla sostenibilità del legno: si tratta infatti di un materiale naturale, la cui produzione e lavorazione producono un impatto ambientale molto minore rispetto a quello di acciaio e calcestruzzo. È inoltre una risorsa rinnovabile e riciclabile e che permette, quindi il riuso del materiale in caso di dismissione o smantellamento di un edificio industriale.

L’utilizzo del legno nelle architetture industriali: da solo o in maniera ibrida?

Per la realizzazione di edifici di tipo industriale, il legno può essere impiegato da solo o in maniera ibrida insieme ad altri materiali. Sono numerosissimi i progetti che vedono l’applicazione di questo materiale nella realizzazione o nell’ampliamento di strutture destinate ad ospitare attività produttive.

Tra questi troviamo, ad esempio, l’Atelier ECOTIM II a Rotherens (Francia) opera dello Studio Architectures Amiot – Lombard: l’edificio ospita i laboratori di un’azienda che si occupa della produzione di sistemi costruttivi in legno. Prende spunto dalla tipologia rurale del fienile ed è realizzato quasi completamente in legno, con copertura in speciali capriate e rivestimenti esterni in legno, calcestruzzo e policarbonato.

A Vicenza c’è invece Corte Bertesina, un’azienda agricola che ha sede in un tipico edificio rurale a corte: qui i progettisti dello studio Traverso – Vighy hanno completato e rigenerato in chiave sostenibile il nucleo edilizio ottocentesco, attraverso l’impiego di sistemi prefabbricati leggeri in legno, acciaio e pietra.

Anche Albertani Corporates s.p.a. ha spesso messo il proprio impegno nella realizzazione di edifici industriali, come lo zuccherificio di Castiglione Fiorentino o le Industrie Chimiche Puccioni a Vasto.

Oltre alle eccezionali caratteristiche intrinseche ed alle ottime prestazioni (come capacità isolante, resistenza, traspirabilità, igroscopicità, leggerezza, ecc.), tra tutti gli aspetti che contribuiscono a fare del legno un materiale così apprezzato, ce ne sono due che, più degli altri, gli attribuiscono un particolare valore aggiunto: si tratta della versatilità e della riciclabilità. Qualità che lo rendono adatto ad allestimenti ed edifici temporanei.

Dal punto di vista etimologico, per versatile si intende “qualcosa che sa volgersi a opere e attività diverse” (fonte Dizionario Treccani): l’attribuzione al legno di questa definizione restituisce il concetto di un materiale che ben si presta a molteplici usi ed impieghi nei più svariati settori. Non solo case in legno quindi, ma anche edifici più articolati per forma, volumetria e destinazione d’uso, singole componenti edilizie come coperture o tamponamenti da utilizzare per ampliamenti o interventi di restauro, finiture per interni ed esterni, oggetti di arredo e design.

La riciclabilità rimanda invece al tema nobile ed oggi imprescindibile della sostenibilità: il legno è infatti un materiale naturale, rinnovabile e che lascia, appunto, ampie possibilità di essere riutilizzato. Una volta terminato il proprio ciclo di vita, esso può infatti essere sottoposto ad adeguati trattamenti di ripristino e manutenzione che ne prolungano la durata. Oppure, quando vengono meno la ragione d’essere o l’utilità di un manufatto in legno, il materiale può essere recuperato, trasformato e destinato, in fasi successive, ad impieghi alternativi, spesso totalmente differenti da quelli originari.

In ambito architettonico questa combinazione di versatilità e riciclabilità, unita alle già note caratteristiche e prestazioni del legno, costituisce una grandissima ricchezza ed apre la strada all’impiego di questo materiale per la realizzazione di progetti originali ed innovativi.

Uno degli ambiti in cui tutto ciò trova le maggiori possibilità di espressione è quello degli allestimenti e delle architetture temporanee: si tratta infatti di progetti e realizzazioni “a tempo determinato”, il cui ruolo ha, per definizione, un termine di inizio ed uno di fine.

Presuppongono pertanto tempi esecutivi di montaggio e smontaggio rapidi, procedure semplificate e, possibilmente, il contenimento dei costi. E l’impiego del legno risponde ottimamente a queste condizioni: è leggero, resistente, flessibile, stabile e consente la prefabbricazione di elementi e componenti. Ma soprattutto, come già evidenziato, si tratta di un materiale che offre grandissime possibilità dal punto di vista della versatilità e della riciclabilità, aspetti che quindi si traducono, sul piano pratico, in un’ampia varietà di usi ed impieghi, nell’opportunità di riutilizzare, in fasi successive, la stessa materia prima oppure di recuperare quella che deriva dagli scarti di altre trasformazioni.

Gli esempi classificabili secondo questa categoria architettonica sono numerosissimi ed i più noti sono spesso i padiglioni e gli allestimenti realizzati nell’ambito di eventi espositivi.

UNStudio, Burnham Pavilion, Chicago, 2009. Realizzato in occasione delle celebrazioni per il centenario del piano urbanistico di Chicago di Daniel Burnham, il padiglione era costituito da due grandi piani orizzontali deformati in tre punti secondo curvature parametriche. Aveva una struttura in profili di acciaio racchiusi all’interno di una pelle in fogli di legno multistrato, verniciati con pittura bianca riflettente. Al termine dell’esposizione, il padiglione è stato smontato ed i materiali riciclati.

Milano Expo 2015, padiglioni e Albero della Vita. Il legno è stato grandissimo protagonista dell’esposizione italiana, i cui principi fondamentali erano rappresentati proprio dalle tematiche della sostenibilità, della riciclabilità e del riuso.

Lo stesso Albero della Vita, fulcro e simbolo della manifestazione, è stato realizzato in acciaio e legno: quest’ultimo, fornito e lavorato da Albertani Coporates s.p.a., aveva funzione sia decorativa che strutturale. L’Albero era composto in tutto da 1392 piccoli elementi in legno di larice siberiano, lavorati con una doppia curvatura che conferiva movimento e dinamismo alla struttura.

Expo Milano 2015 ha visto inoltre la presenza di numerosissimi padiglioni in legno, da quello celebratissimo del Giappone a quelli che hanno richiesto l’impegno anche di Albertani Corporates s.p.a., come quello del Cile e dell’Irlanda del Nord. Al termine della manifestazione, il legno impiegato per quest’ultimo è stato recuperato e destinato alla realizzazione del Padiglione Italia alla XV Biennale di Architettura di Venezia 2016.

Xavier Veilhan, Studio Venezia, padiglione della Francia alla Biennale d’Arte 2017. Rimanendo nell’ambito della Biennale, anche il padiglione francese attualmente allestito ha il legno come grande protagonista. Concepito come fusione di arte visiva e musica è stato realizzato come un grande involucro in legno e tessuto al cui interno prendono vita composizioni musicali.

Nex Architecture, Times Eureka Pavilion, Chelsea Flower Show, Regno Unito, 2012. Ideato in collaborazione con l’architetto paesaggista Marcus Barnett, esplora il significato delle piante per la scienza e la società. È realizzato in legno (proveniente da fonti sostenibili) e polipropilene traslucido e riproduce un algoritmo geometrico che riproduce la struttura cellulare degli elementi biologici.

Ponte di accesso al Triennale Design Museum, Milano, 20017. Il progetto, disegnato da Michele De Lucchi e realizzato da Albertani Corporates s.p.a., collega il grande atrio centrale al primo piano con l’entrata del museo e costituisce un oggetto unico nel suo genere: si tratta infatti di una trave unica in lamellare di bambù composta da listello tenuti insieme da una speciale colla appositamente prodotta.

All’interno del museo è attualmente in calendario la mostra “Giro giro tondo – Design for the children”, dedicata al mondo dell’infanzia e dei bambini ed all’architettura ed al design che li raccontano.

L’esperienza decennale di Albertani Corporates S.p.A. nell’ambito delle costruzioni in legno l’ha resa, nel tempo, tra le aziende leader in questo settore, in Italia e non solo. Questo grazie alla qualità, all’affidabilità ed alla sicurezza di ciò che produce e delle tecnologie che ha sviluppato e che continua, costantemente, a migliorare ed affinare.

Albertani Corporates non è sinonimo soltanto di casa in legno ma, al contrario, sono numerosissime e prestigiose le sue partecipazioni alla progettazione ed alla realizzazione di strutture dalle destinazioni più svariate: padiglioni, allestimenti, chiese, cantine, edifici per uffici.

Tra gli edifici in corso di costruzione a cui Albertani Corporates sta attualmente dando il proprio, sostanzioso, contributo, c’è quello destinato ad ospitare la nuova sede Cotonella, di cui abbiamo già descritto le vicende ed il progetto in questo post di qualche settimana fa.

In questo intervento l’azienda si è occupata a 360° di tutti gli aspetti relativi alla struttura, impegnandosi sia nella progettazione che nella realizzazione (all’interno degli stabilimenti dell’azienda) di ogni singolo elemento.

La costruzione della nuova sede Cotonella, totalmente in legno, sta procedendo a grandissima velocità: è proprio di questi giorni la notizia che il cantiere ha raggiunto il traguardo intermedio di metà edificio. Le successive operazioni riguardano la posa del soppalco, appeso, attraverso un sistema di supporto progettato e realizzato ad hoc, agli undici portali sagomati curvi che definiscono il volume.

L’edificio, quindi, cresce rapidamente e molto presto potrà tornare ad ospitare la sede e le attività dell’azienda.

Ma come si è riusciti, in così breve tempo, ad arrivare a questo punto?

Quali fattori hanno fatto sì che a partire dallo scorso 30 novembre (la data dell’incendio) e quindi in meno di dieci mesi, sia già stata portata a termine la costruzione di metà dell’edificio?

La risposta è presto data: il segreto consiste nella scelta di utilizzare il legno e di affidarsi alle soluzioni prefabbricate prodotte da Albertani Corporates.

La copertura e le pareti perimetrali dell’edificio sono infatti state ottenute attraverso l’impiego del sistema Lignum K®, lo speciale pannello nato da un’idea di Albertani Corporates ed unico nel suo genere, in grado di garantire ottime prestazioni dal punto di vista sia strutturale che dell’isolamento, e di consentire l’eliminazione delle partizioni secondarie.

Ecologico ed estremamente versatile nelle applicazioni, Lignum K® è un sistema di tipo prefabbricato e che, quindi, consente di poter usufruire anche dei vantaggi che questo comporta.

La prefabbricazione rende infatti necessaria la progettazione a priori, accurata e dettagliata di tutte le strutture, di tutti gli elementi e di tutti i nodi dell’edificio e fa sì che possa essere eliminato quasi del tutto il rischio di errori o lavorazioni non eseguite a regola d’arte in cantiere. Consente la previsione precisa e veritiera del comportamento dell’edificio quando, una volta finito, verrà sottoposto a sollecitazioni di vario genere e natura: sismi, rumori, differenze termiche, fuoco, ecc.

Ma, soprattutto, la prefabbricazione consente di ridurre al minimo il numero e la durata delle operazioni da eseguire direttamente in cantiere, permettendo di accorciare sensibilmente i tempi necessari alla costruzione e, di conseguenza, di risparmiare sui costi.

E la vicenda Cotonella lo dimostra, con la nuova sede andata completamente distrutta a causa dell’incendio del 30 novembre scorso ed oggi in buona parte ricostruita. In meno di dieci mesi l’edificio e l’area sono stati bonificati e sgomberati di quanto lasciato dal fuoco, è stato elaborato il nuovo progetto, sono stati ottenuti i permessi e le autorizzazioni necessari e si è dato avvio ai lavori di ricostruzione.

Questi, una volta iniziati, sono progrediti in maniera davvero rapida e si concluderanno entro breve, consentendo così all’azienda Cotonella ed ai suoi dipendenti di tornare al più presto pienamente operativi.