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I Musei “green” tra cultura e natura

I musei e gli spazi espositivi nel nostro Paese, per la straordinaria ricchezza e bellezza del nostro patrimonio culturale, dovrebbero essere tra i luoghi più tutelati e valorizzati; luoghi nei quali si dovrebbero esaltare i risultati delle ricerche e delle sperimentazioni archeologiche-storiche-artistiche-fisiche. Per rendere l’esperienza del visitatore fortemente suggestiva ed intimamente emotiva. Almeno in Italia, questo non succede sempre e non accade ovunque, con il risultato che “valorizzazione” e “conservazione” sono assunti, quasi, a sinonimi; a differenza, invece, di quel che accade nel resto del mondo dove, già da un decennio, i musei praticano la “valorizzazione” dei beni culturali declinando i paradigmi dell’innovazione. Agendo, contestualmente, non solo sui contenuti, ma, spesso, anche sul contenitore che, per le sue sagome sinuose o per l’alta tecnologia con la quale è realizzato, diventa esso stesso un bene museale fortemente attrattivo. Con un’identità tanto più riconoscibile quanto più sarà capace di relazionarsi empaticamente con la città e armoniosamente con il paesaggio. E il dialogo con la natura, per questi poli della conoscenza che puntano a rinvigorire la bellezza della cultura, è vitale. All’alba del terzo millennio, infatti, i musei, sia quelli di nuova edificazione sia quelli sottoposti a ristrutturazione, sono “green”: sono impiegati – tanto per le coperture quanto all’interno delle strutture – sia materiali naturali e sostenibili come il legno o il bambù, sia accorgimenti impiantistici ad alta efficienza energetica, sia soluzioni infrastrutturali innovative. Vediamo alcuni esempi.

Francia. Completato nel 2010, il nuovo Centre Pompidou a Metz, progettato dall’architetto Shigeru Ban (Pritzker Prize 2014), si propone di mostrare al pubblico opere di grandi dimensioni non accessibili nell’omonimo museo di Parigi a causa dell’altezza di 5,50 metri sotto le travi. La struttura di Ban, raggiungendo un’altezza del soffitto di 18 metri, presenta tre gallerie principali tra loro interconnesse funzionalmente e verticalmente, poste attorno ad una torre dal telaio in acciaio esagonale che contiene le scale e gli ascensori. Ogni spazio espositivo del Centre Pompidou di Metz è chiuso trasversalmente da grandi vetrate che, oltre al beneficio di una notevole illuminazione naturale, consentono la visione dei principali monumenti cittadini e, idealmente, favoriscono una fusione tra il museo e la città stessa. È la copertura, tuttavia, una delle principali peculiarità di quest’architettura. Ispirata dalla trama di un cappello di tessuto tradizionale cinese, Shigeru Ban ha realizzato una struttura a griglia con legno lamellare, facilmente piegabile nelle due direzioni, in grado di sormontare tutti i volumi sottostanti. Con l’aneddoto che tale “guscio” ha una forma esagonale per omaggiare i francesi che rappresentano il loro Paese con questo elemento geometrico.

America. Dall’estate del 2014, è attivo in Colorado l’Aspen Art Museum (AAM). Anche questo intervento, finalizzato a promuovere e a divulgare le più innovative tendenze dell’arte contemporanea, è stato progettato da Shigeru Ban. L’architetto giapponese ha disegnato un volume semplice nella geometria, ma articolato nel concept: il museo – che ospita un’area reception, due gallerie espositive, spazi per attività educative e uno studio per gli artisti – prevede, infatti, la combinazione di alcuni elementi fondamentali e, nello specifico la sovrapposizione accurata di layers verticali con differenti gradi di trasparenza, che ruotano intorno alla relazione fra spazio interno ed esterno. L’ampia scala e il suggestivo ascensore panoramico, ovvero i punti di connessione fra i diversi piani del museo, sono anche gli spazi in cui si intensifica l’interazione visiva tra i layers verticali. La struttura in legno della copertura, con la sua morfologia complessa, crea una sorta di filtro attraverso cui penetra la luce naturale. Il prospetto, infine, a conferma della qualità progettuale raggiunta, è realizzato da un materiale composito, il prodex, costituito da speciali fogli di carta e resina racchiusi tra due strati esterni di legno naturale.

Norvegia. Completato nel 2011 nella cittadina norvegese di Hjerkinn, ai bordi del Dovrefjell National Park e su progetto dello studio Snøhetta, il Norwegian Wild Reindeer Centre Pavilion è un padiglione di circa 75 metri quadrati arroccato su un altopiano a 1200 metri d’altezza – in un’area particolarmente rinomata per la presenza di rare specie di piante ed animali – che offre ai visitatori delle sensazionali viste panoramiche. Il nucleo centrale dell’edificio in legno è la chiave dell’intero progetto: in facciata è considerabile principalmente come un elemento scultoreo di forte richiamo al paesaggio circostante, negli interni si pone come un vero e proprio elemento d’arredo completamente utilizzabile come seduta.

Perù. Il Museo della Memoria di Lima (Lum), esito di un concorso nazionale del 2010, si propone come strumento per esercitare proattivamente la memoria, ricordando il periodo della guerra civile che ha insanguinato il Paese dal 1980 al 2000 nella speranza che non accadano più simili orrori. Il LUM, situato in un lotto al centro della baia costiera contraddistinta da una serie di faraglioni che disegnano un balcone naturale, assume le sembianze di uno scoglio artificiale in cemento armato a vista che conclude il ritmo di quelli naturali. Il museo è costituito da un grande basamento che ospita i parcheggi e, al livello superiore, l’auditorium, la cui copertura diventa una grande piazza pubblica affacciata sull’oceano. La piazza, detta “spianata della riconciliazione”, è luogo d’incontro dei visitatori e, per i parenti delle vittime, luogo di commemorazione. Le prime sale al livello della piazza ci parlano delle origini della violenza e del conflitto armato, con pannelli lignei dipinti disposti a zig-zag o appesi ai muri mediante sottili profili di acciaio verniciati di nero. Il percorso prosegue lungo la rampa al primo piano in cui le diverse sale fanno parte di un unico spazio continuo. Le sale del primo piano ci spiegano, mediante pareti sospese in legno impiallacciato e vetrine inclinate, come venne vissuto il conflitto armato a Lima e la sua influenza sulla vita della gente. Il sistema di sale terrazzate si conclude in una grande aula con panche in legno semicircolari: il luogo dell’incontro e dell’ascolto reciproco. Il LUM vuole essere un luogo di pace, incontro e riconciliazione in cui possano rimarginarsi le ferite che nel recente passato hanno diviso il Paese.

Giuseppe Milano