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Inquinamento negli ambienti interni: cos’è e come affrontarlo

È, probabilmente, il fenomeno più dannoso per la nostra salute. Non solo perché invisibile, ma anche perché per decenni è stato enormemente sottovalutato nella sua complessità: stiamo parlando dell’inquinamento indoor. Questo rappresenta oggi una delle principali criticità che progettisti e operatori dell’edilizia devono interpretare ed affrontare per fornire soluzioni altamente performanti che conducano ad una sostenibile vivibilità degli ambienti confinati.

Sulla base di uno studio del 2010 dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), con l’espressione “inquinamento indoor” definiamo “la presenza nell’aria di ambienti confinati di contaminanti fisici, chimici e biologici non presenti naturalmente nell’aria esterna”. Ne consegue che sono “indoor” non solo le abitazioni, ma anche gli uffici pubblici e privati, le strutture comunitarie (ospedali, scuole, caserme, alberghi, banche), i locali destinati ad attività ricreative e sociali (cinema, bar, ristoranti, negozi, strutture sportive), i mezzi di trasporto pubblici e privati (auto, treno, aereo, nave).

Già da un ventennio la comunità scientifica internazionale si interroga su come arginare efficacemente i cambiamenti climatici, profondamente impattanti sulla nostra esistenza, anche attraverso l’alterazione dei regimi inquinanti. Nonostante ciò, l’inquinamento indoor non è ancora entrato nell’agenda delle priorità politiche, per un’analisi delle cause ed una proposta di soluzioni.

Secondo lo studio già richiamato dell’Ispra, ma anche in quelli elaborati dal 2004 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.), nelle aree urbane degli Stati Uniti e di quelle europee si trascorre mediamente non meno dell’80% della giornata in ambienti chiusi, tra abitazioni, uffici e mezzi di trasporto. La percentuale aumenta al 90% per categorie come bambini, anziani o malati. Questi tassi ci consegnano una fotografia limpida della realtà contemporanea: abbiamo degli stili di vita che non prevedono la fruizione degli spazi pubblici e all’aperto in modo continuativo nel corso dell’anno. Il rischio è che sia la nostra salute che il nostro umore siano profondamente influenzati dai luoghi nei quali maggiormente consumiamo il nostro tempo.

Quali sono, quindi, i fattori di inquinamento per uno spazio confinato? Gli agenti cancerogeni, o comunque da monitorare, possono essere schematizzati nel modo seguente: le concentrazioni inquinanti provenienti dall’esterno, i materiali da costruzione e gli impianti di condizionamento, i mobili e gli arredi, gli odori generati dalla cottura dei cibi e i prodotti per la pulizia, gli animali domestici, la polvere e le muffe. Se questi elementi, singolarmente o combinati, non fossero gestiti opportunamente, anche attraverso adeguati sistemi di ventilazione e di illuminazione, potrebbero peggiorare la salubrità degli ambienti interni e incidere sulla qualità della vita.

Tra i materiali impiegati non solo per la costruzione degli edifici, fino agli inizi degli anni ’80, troviamo ad esempio l’amianto, il cui sbriciolamento in fibre facilmente inalabili ha già prodotto migliaia di morti per mesotelioma pleurico. Ed il picco, purtroppo, è previsto per il 2025, essendo questo un male con una latenza che può durare anche un ventennio. Nonostante questo, l’amianto è ancora presente in moltissime architetture residenziali ed industriali: si tratta di un tema prioritario non solo per l’ambiente, ma anche per la salute.

Particolare attenzione, avendo un’origine chimica-sintetica, la meritano poi non solo tutti i prodotti in Pvc, ma anche tutte quelle vernici o pitture realizzate con materiali non naturali con le quali andiamo a colorare le nostre abitazioni, i nostri uffici o i nostri negozi. In sintesi, i maggiori contaminanti di natura chimica sono: il monossido di carbonio (CO); il biossido di azoto (NO2); il biossido di zolfo (SO2); i composti organici volatili (VOC); la formaldeide (CH2O); il benzene (C6H6); gli idrocarburi aromatici policiclici (IPA); il particolato aerodisperso (PM10, PM2.5); i composti presenti nel fumo di tabacco ambientale e i pesticidi.

L’invito è dunque innanzitutto quello di utilizzare, per le costruzioni in particolare, prodotti naturali e non allergenici e affidabili come il legno. Sarebbe poi opportuno verificare scrupolosamente la composizione chimica-biologica-fisica di tutti quegli elementi con i quali interagiamo nelle nostre case o nei luoghi di lavoro, prediligendo quelli ad alta e garantita sostenibilità, per evitare di soffrire di asme, emicranie e anche problemi cardio-respiratori. Non dimentichiamo, infine, che ornare con piante i luoghi in cui viviamo non potrà che fare bene all’ambiente esteriore e al nostro “paesaggio interiore”. Per una qualità della vita sempre più alta e rassicurante.

 

Giuseppe Milano